Le origini del mito AC Cobra
Carroll Shelby’s Chili Kit. Celebre e diffuso negli Stati Uniti, si tratta di un potente preparato a base di peperoncino e varie altre spezie, creato per esasperare e conferire maggior carattere alle tipiche bisteccone americane. Artefice ne era stato appunto Carroll Shelby, un personaggio texano che più texano non si può: un omone con mascella volitiva, cappello da cowboy, sette mogli, ex allevatore di polli, ex pilota di bombardieri durante la guerra, ex corridore automobilistico, ex venditore di candele e pneumatici per auto, nonché ex costruttore di cerchioni.
Un uomo dalle mille idee e iniziative, che permise a un colosso come Ford Motor Company di conquistare una posizione di prestigio nel mondo delle gare automobilistiche e di raggiungere l’obiettivo di battere finalmente la Ferrari, che, con modalità rocambolesche, le aveva preferito la Fiat come partner industriale.
Ford si rivolse a Shelby forse perché contava sulla sua capacita? di dosare egregiamente pepe e peperoncino non solo sulle carni, ma simbolicamente anche e soprattutto sui poderosi motori V8 americani, dei quali sapeva esaltare la potenza riuscendo a mantenere il giusto equilibrio. All’inizio degli anni sessanta le voluminose e iper-vitaminizzate V8 Ford e Chevrolet, che spadroneggiavano nelle competizioni in terra americana, erano regolarmente sbeffeggiate in Europa da piccole e agili vetturette, fra tutte Lotus e Alfa Romeo, dotate di motori grandi più o meno come le tagliasiepi da giardino d’oltreoceano.
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La tecnica americana privilegiava, infatti, la potenza pura dei propulsori, aumentando a dismisura centimetri cubi e cavalli; telai, peso e sospensioni restavano in secondo piano, a differenza di cio? che praticava la scuola europea. Scuola che invece Shelby ben conosceva, avendo gareggiato con MG, Jaguar, Maserati, Ferrari ed Aston Martin ed avendo vinto,
con quest’ultima, addirittura la 24 Ore di Le Mans del ‘59.
Ebbe quindi l’idea di installare un propulsore V8 Ford su un leggero ma robusto telaio europeo, con sospensioni a ruote indipendenti, coniugando cosi? potenza e leggerezza. Contemporaneamente in Inghilterra la AC Cars, una delle più antiche case automobilistiche britanniche che produceva, oltre alla berlinetta Aceca, una piccola roadster denominata Ace che ben aveva figurato in varie competizioni (compresa la 24 Ore di Le Mans), si trovo? senza motori, poiché il suo fornitore, la Bristol, cesso? la produzione dei 6 cilindri che la equipaggiavano.
Ford e ad AC Cars: risolvere in una sola mossa i problemi dell’una e dell’altra
La Ace era stilisticamente un po’ datata, poiché ispirata alla linea della Ferrari 166 del ‘49, ma aveva carrozzeria in alluminio, telaio tubolare e sospensioni indipendenti, proprio quello che Shelby andava cercando; egli propose quindi la sua idea a Ford e ad AC Cars, risolvendo in una sola mossa i problemi dell’una e dell’altra. AC poté quindi rilanciare una
produzione che sembrava giunta ormai al capolinea, mentre Ford ottenne la possibilità di poter saggiare la potenzialità di questo connubio, senza peraltro doversi esporre direttamente.
La nascita ufficiale della AC Cobra
Nacque cosi? la AC Cobra, il cui nome, racconto? Shelby, gli era stato suggerito in sogno. Si trattava di una elegante e classica roadster, dalla linea pulita e sinuosa, ma allo stesso tempo dall’aspetto aggressivo, impetuoso, quasi animalesco.
Fari tondi, grande mascherina frontale e parafanghi bombati, manteneva nello stile generale una linea che richiamava le barchette Touring come la sua progenitrice, salvo esibire, sotto le fiancate, gli scarichi laterali, ed al posteriore passaruota esageratamente allargati in grado di contenere gomme di dimensioni extra-size, necessarie per scaricare a terra tutta la potenza dei V8.
A prima vista e da ferma sembrava l’auto ideale per scorrazzare sulla costiera californiana o sulla mitica Route 66, ma era in grado di impensierire con il suo fragoroso ruggito e
le sue mostruose prestazioni qualsiasi pilota, se non piu? che esperto. Inizialmente dotata di un V8 da 3,6 litri, poi diventati 4,3 e 4,7 (le Cobra 260 e 289), giunse a montare motori da 7000 c.c. con oltre 400 cavalli (la Cobra 427) allorché, impegnata nelle competizioni, tento? di minare cosi? lo strapotere Ferrari, risultando pero? quasi ingestibile.
Una versione “scorbutica e impegnativa”
Questa versione in particolare si rivelo? infatti assolutamente scorbutica e impegnativa; potentissima, ma brutale e imprevedibile, con sterzo e frizione di enorme durezza.
Nelle varie configurazioni consegui? comunque risultati di tutto rilievo, culminati con la vittoria nel 1965, nella declinazione Daytona (un’affidabile coupé coda tronca costruita in collaborazione con la carrozzeria modenese Gran Sport), del campionato internazionale Gran Turismo. Tale successo fu peraltro agevolato dalla mancata omologazione, in questo campionato, della nuova Ferrari 250 Berlinetta LM, poiché ritenuta dalla Commissione Internazionale vettura “nuova” (e quindi da costruirsi in almeno 100 esemplari), e non invece mero aggiornamento della 250 P precedente, come riteneva Ferrari in linea con la prassi in essere.
Sembra sia stato proprio Shelby sostenuto dal potente stato maggiore Ford a suggerire la nuova interpretazione, che indusse Ferrari a riconsegnare platealmente per protesta la licenza di costruttore, per far correre le vetture nelle gare successive non più con il colore rosso nazionale, ma in livrea bianco-blu, poiché iscritte dall’importatore americano Chinetti.
Nel frattempo l’apporto di Shelby alla causa Ford si rivelo? sempre più importante e significativo.
Gesti? infatti direttamente la vittoriosa epopea delle GT 40 che, dopo i non felici risultati conseguiti prima del suo arrivo, dominarono più volte la 24 Ore di Le Mans. Creo? inoltre le famose Mustang Shelby, che nelle versioni GT 350 e 500 costituivano le apprezzatissime varianti muscolose della Mustang di serie. La Cobra resta comunque una delle sportive americane più famose e seducenti, oltre che più replicate.
La AC Cobra come auto da collezione
Cessata la produzione nel 1967, dopo un migliaio di esemplari prodotti dal ‘62, sono nate nuove interpretazioni pressoché ogni decennio, anche ad opera dello stesso Shelby. Tutt’oggi una nuova versione dell’AC Cobra e? in produzione, con la stessa linea e la stessa filosofia: parafanghi bombati, fari tondi, mascherina larga e ovale, motori rigorosamente non elettrici. Costruita con la tecnologia più recente, ha carrozzeria in fibra di carbonio, monta un motore Ford V8 di 663 cavalli ed ha un costo di oltre 300.000 euro.
Ed e? persino poco se confrontato con le quotazioni degli originali, che superano il mezzo milione di euro per le 260 ed il milione per le 289 e 427, anche se le repliche dagli anni ottanta in poi restano sempre al di sotto dei 200.000 euro. Quotazioni a parte hanno ovviamente le vetture speciali: in recenti aste internazionali la 427 personale di Shelby e? stata aggiudicata per quasi 6 milioni di dollari, mentre la prima 427 prodotta ha superato i 13 milioni.