“Già rispetto all’anno scorso siamo oggi in un altro posto. Il flusso della mutazione è costante. L’aspetto più importante di questo progetto è che si evolve col tempo, senza restare fisso dentro a un’idea o a un modo di vedere le cose”. Ci risponde così, Ginevra Elkann, presidente della Pinacoteca Agnelli, quando le domandiamo come immagina fra 20 anni l’ente che presiede. Il tetto del Lingotto è ormai diventato un giardino-museo a cielo aperto, le 300 diverse specie di piante che lo animano (secondo l’allestimento dell’architetta paesaggista Cristiana Ruspa) non sono mai uguali a se stesse: germinano, crescono, seguono il ritmo delle stagioni senza conoscere monotonia. E svelano le curve di Pista 500, inaugurata nel 2021 trasformando lo storico circuito di collaudo delle Fiat in destinazione di sculture e installazioni commissionate dalla pinacoteca ad artisti internazionali.
Uno scorcio della Pista 500. Courtesy Pinacoteca Agnelli Torino
Tutto intorno, l’orizzonte è disegnato dai tetti della città di Torino e dalla linea del Monviso, che occhieggia in lontananza. La pista e la collezione d’arte permanente – conservata nello Scrigno di Renzo Piano al centro del circuito – sono i due poli che la pinacoteca unisce. Quello della pinacoteca nel 2022 è “un progetto rinnovato nella forma e nel pensiero, per rendere questo luogo un centro culturale capace di far dialogare i linguaggi del presente con la storica collezione d’arte dei miei nonni, Giovanni e Marella Agnelli”.
Parte della collezione di Gianni e Marella Agnelli, posta nello Scrigno di Renzo Piano al centro della Pista 500. Courtesy Pinacoteca Agnelli Torino
Una raccolta importante, che accoglie opere di Picasso, Balla, Matisse, Canaletto, Bellotto, Canova. Per Ginevra Elkann quello presente è già “un sogno. Nei prossimi anni voglio vedere crescere questo giardino, sia negli elementi naturali che in quelli artistici: è tutto in divenire, il parco non è che una metafora di questo nuovo corso”.
Veduta aerea del tetto del Lingotto. Courtesy Pinacoteca Agnelli Torino
Progettato da Giacomo Matté-Trucco nel 1914 e inaugurato nel 1923, il Lingotto è stato la casa della Fiat per 60 anni. Quando nel 1982 cessa di essere una fabbrica, inizia un percorso ventennale di profonda rigenerazione nel tessuto urbano che lo ospita. L’apice della riqualificazione giunge nel 2002, con l’inaugurazione della Pinacoteca Agnelli che, “nel corso di questi anni ha disegnato un modello di condivisione di arte e bellezza, generando positività per il territorio e per tutti i suoi visitatori”, prosegue Elkann. Il Lingotto è “un luogo denso di memorie e significati per la mia famiglia, per la città di Torino, per la storia dell’industria italiana. Oggi, nel terzo millennio, deve vivere e respirare con il presente, parlare la lingua della sostenibilità, multiculturalità, inclusione. Deve aprirsi alla città e al mondo”.
Dora Maar, Self-portrait, 1935, Galerie Johannes Faber Vienna
La pista ne è forse l’emblema più perfetto: da circuito chiuso destinato ai collaudi di produzione è diventata strada aperta, luogo da abitare comunitariamente. Accoglie interventi artistici che ampliano il concetto di scultura, prendendo forma in installazioni audio e ambientali, opere luminose o sonore, interventi video o di cinema espanso. È accessibile da più punti, inclusa la scenografica rampa che in questi mesi è diventata cassa di risonanza dell’installazione sonora di Cally Spooner (Regno Unito, 1983), DEAD TIME (Melody’s Warm Up), registrazione di alcuni esercizi di tonalizzazione dal noto prologo della Suite per Violoncello n. 1 in sol di Bach. Le armonie riverberano attraverso l’aria, nei cinque piani di quello che era il percorso usato per condurre le automobili dalle linee di assemblaggio al collaudo sul tetto.
Cally Spooner, Dead Time. Courtesy Pinacoteca Agnelli Torino
Come dichiarato dalla direttrice della Pinacoteca Agnelli Sarah Cosulich in sede di inaugurazione delle nuove progettualità il 26 maggio 2022, la site specificity (la specificità architettonica) del museo è chiave della sua identità e forza della sua attrattività internazionale. Tre i progetti adesso in corso: oltre alla sensoriale esposizione di Pista 500 (sette opere di: Nina Beier, VALIE EXPORT, Sylvie Fleury, Shilpa Gupta, Louise Lawler, Mark Leckey, Cally Spooner) si possono visitare anche Pablo Picasso e Dora Maar, incentrata sull’influsso che la fotografa ebbe sul genio del XIX secolo e Un dialogo con la Fondation Beyeler e Sylvie Fleury. Turn me on, stuzzicante focus su un’artista che si definisce “Femminista punk sotto mentite spoglie”.
Silvie Fleury, Yes to All. Courtesy Pinacoteca Agnelli Torino
A cosa si deve la scelta di queste artiste e artisti? Le loro quotazioni di mercato vi hanno in qualche modo influito? “In nessun modo. Non abbiamo fatto ragionamenti di mercato: la scelta è dipesa solo dall’affinità delle opere con la collezione storica della famiglia, con la storia industriale del Lingotto.
Sylvie Fleury, First Spaceship on Venus. Crediti fotografici: Sebastiano Pellion di Persano. Courtesy Pinacoteca Agnelli Torino
Sarah Cosulich ha scelto lavori e artisti che avessero una consonanza con questo posto, con la velocità, l’industrializzazione, la rigenerazione urbana, il cambiamento della natura, la riqualificazione”.
Uno scorcio di Pista 500
Nella squadra della Pinacoteca Agnelli giocano sole donne. Quanto affine sente la profonda intelligenza femminile a quella idea “alta e generosa di collezionismo privato”, per citare un suo discorso? “Non saprei dirlo. Il fatto che la squadra della pinacoteca sia composta di sole donne è un caso. Ma è anche vero che le donne procedono secondo una modalità lavorativa unica, partecipativa, seguendo una visione accogliente e accudente, rotonda. Siamo tutti bravi, ma come donne abbiamo un approccio diverso. Purtroppo in Italia le donne non sono abituate a stare in posizioni decisionali: quando succede, è un fatto virtuoso. Ma il discorso sarebbe lunghissimo. È bello comunque toccare con mano il lavoro che Sara Cosulich ha fatto per la sua squadra, dando un posto a ciascuna, con un forte senso di coesione”.
Nina Beier, The Guardians. Crediti fotografici: MyBossWas. Courtesy Pinacoteca Agnelli Torino
Da regista, in che modo sente che l’estetica cinematografica influisce sulle sue scelte di presidente della pinacoteca? “Il cinema richiede visione, di vedere le cose prima ancora che succedano. Questo è di grande aiuto. Un’altra cosa che mi viene dal mondo cinematografico è la cultura della squadra: il cinema non lo fai da solo, ma con un gruppo di persone di talento con cui costruisci il progetto. Esattamente come è accaduto qui al Lingotto, con questa eccellente squadra di donne che hanno lavorato insieme a me”.
Ginevra Elkann