Al contribuente sarà chiesto di dimostrare in concreto dove è realmente collocata la sede principale degli affari ed interessi economici nonché delle relazioni personali
Trasferirsi in uno Stato a fiscalità privilegiata comporta una presunzione di residenza in Italia, che potrà essere superata solo dando prova che la residenza estera non è fittizia
Montecarlo però non è il solo Stato su cui l’Agenzia delle entrate tende a soffermare l’attenzione. Ciclicamente, infatti, vengono passati al setaccio i registri dell’Aire al fine di individuare i connazionali che, ad avviso dell’Amministrazione finanziaria, potrebbero essersi trasferiti, ad esempio a Dubai, in Lussemburgo, nel Liechtenstein o in Svizzera, in modo non genuino. Dunque, ponendo in essere condotte elusive che permettono di beneficiare di vantaggi fiscali altrimenti non fruibili.
E invero, la metodologia attraverso cui l’Agenzia intende recuperare gettito e indebolire le condotte elusive, attuate dai cittadini italiani che trasferiscono fittiziamente la propria residenza all’estero, si consolida sempre di più attraverso strumenti di monitoraggio fiscale più mirati e una maggiore collaborazione tra amministrazioni.
Si pensi, sul punto, al protocollo di intesa recentemente siglato tra l’Agenzia delle entrate e il Comune di Milano, attraverso cui, quest’ultimo, mette a disposizione del fisco le informazioni ritenute idonee, tra le altre cose, a facilitare l’individuazione dei cittadini lombardi trasferiti solo fittiziamente all’estero, in paradisi fiscali.
Siffatte collaborazioni rendono ancora più efficaci le previsioni normative tese a disincentivare questo genere di condotte; come la disposizione di cui all’art. 2 del Tuir, a mente del quale, benché ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile, si considerano altresì residenti – salvo prova contraria – i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente ma trasferiti in Stati o territori a fiscalità privilegiata.
L’Ufficio piuttosto che soffermarsi sul mero dato formale della cancellazione dall’anagrafe residenti e dell’iscrizione all’Aire, valuta in concreto il modo in cui il contribuente articola la sua vita personale ed economica: altrimenti detto, ai fini della residenza, italiana o estera, verrà valutato dove è in via di fatto collocata la sede principale degli affari ed interessi economici del contribuente, nonché delle proprie relazioni personali.
In questi termini, al contribuente potrà essere richiesto di dimostrare in via concreta, tramite una serie di elementi documentali e non, che la residenza in un paradiso fiscale non ha scopi elusivi tenendo a mente che, per l’Agenzia, il centro principale degli interessi vitali del soggetto va individuato dando prevalenza al luogo in cui la gestione di detti interessi viene esercitata abitualmente in modo riconoscibile dai terzi; come confermato da recente Cassazione, n. 17748 del 2021 avente ad oggetto la residenza di un italiano trasferito a Montecarlo.
Per tale ragione, prima di trasferirsi in uno Stato estero, non bisogna guardare solo ai requisiti richiesti e ai benefici offerti dal nuovo Paese. Occorre valutare anche i contro, e dunque quali potrebbero essere le prove richieste dall’Amministrazione fiscale italiana in caso di indagini volte ad accertare la genuinità o meno del trasferimento di residenza.