Si parla di quei prodotti che riportano nel proprio nome termini come “energia pulita” o “Esg”, a partire dal “Blue chip fund” rinominato da Goldman Sachs nel mese di giugno 2020 come “Us equity Esg fund”
Bny Mellon Investment Adviser è stata la prima a patteggiare con la Sec dopo essere stata accusata di aver lasciato erroneamente intendere in varie dichiarazioni che tutti gli investimenti nei fondi erano stati sottoposti a una revisione di qualità Esg
Prima Bny Mellon e Dws. Ora Goldman Sachs. Si allunga la lista degli asset manager nel mirino della Securities and exchange commission (Sec), che accelera la stretta contro il greenwashing dei fondi. Stando a quanto risulta al Wall Street Journal, l’ente federale statunitense preposto alla vigilanza della borsa valori sta indagando sulla divisione gestione patrimoniale di Goldman Sachs in merito all’etichetta “verde” di alcuni dei suoi prodotti.
Nel dettaglio si parla di quei fondi che riportano nel proprio nome termini come “energia pulita” o “Esg”, a partire dal “Blue chip fund” rinominato nel giugno del 2020 come “Us equity Esg fund”. Sia Goldman Sachs che la Sec non hanno risposto alle richieste di commento del Financial Times, che ha avuto modo di visionare l’analisi del Wall Street Journal. L’indagine, come anticipato in apertura, arriva tra l’altro al culmine della caccia dell’ente federale statunitense contro l’ambientalismo di facciata.
Bny Mellon, nel mese di maggio, è stato il primo gestore patrimoniale a patteggiare con l’agenzia. La Sec, come risulta da una nota ufficiale, ha accusato Bny Mellon Investment Adviser di aver lasciato erroneamente intendere in varie dichiarazioni (tra luglio 2018 e settembre 2021) che tutti gli investimenti nei fondi erano stati sottoposti a una revisione di qualità Esg. Bny Mellon Investment Adviser ha accettato di pagare una penale di 1,5 milioni di dollari, dichiarando poi di aver aggiornato i documenti dei fondi.
Nel mirino delle autorità resta anche Dws, la divisione di asset management di Deutsche Bank recentemente vittima di un’irruzione della polizia tedesca nei propri uffici per sospetto di frode negli investimenti. Un procedimento, come dichiarato a Morningstar dal procuratore senior Nadja Niesen, rivolto a “dipendenti e manager di Dws finora sconosciuti”. L’amministratore delegato Asoka Wöhrmann si è dimesso poche ore dopo l’inizio delle perquisizioni. Un addio in realtà frutto di un accordo consensuale, secondo quanto risulta al Financial Times, e che garantirebbe all’ormai ex-ceo un’indennità di uscita di circa 14 milioni di euro come previsto dalla clausola di rescissione anticipata del contratto dei dirigenti della società.
Come dichiarato tuttavia dal presidente Karl von Rohr nell’ambito dell’assemblea annuale degli azionisti, la remunerazione di Wöhrmann resta da discutere e potrebbe dipendere proprio dall’esito delle indagini. La società di gestione patrimoniale tedesca, con masse pari a 928 miliardi di euro a livello globale al 31 dicembre 2021, era già sotto il faro della Sec e dalla BaFin – a seguito di una segnalazione dell’ex global head of sustainability Desiree Fixler risalente allo scorso agosto – per aver esagerato le credenziali ambientali o sociali di alcuni suoi prodotti d’investimento.
Ricordiamo che la Sec ha recentemente proposto una serie di emendamenti volti a modernizzare la cosiddetta “Names Rule”, normativa che prevede che tutti quei prodotti che nel proprio nome indichino un focus su una precisa classe d’investimento debbano investire almeno l’80% del valore dei loro asset in quello specifico settore. La proposta, sottoposta a un periodo di feedback pubblico di 60 giorni, estenderebbe la regolamentazione anche a quei veicoli d’investimento che possiedono “caratteristiche particolari”, inclusi quelli nei cui nomi presentino termini come “crescita” o “valore” o che facciano comprendere che le decisioni d’investimento incorporano uno o più fattori ambientali, sociali e di buona governance. Come precisato dal presidente della Sec, Gary Gensler, i fondi che non rispetteranno il requisito dell’80% saranno tenuti a conformarsi “in modo tempestivo” e, nella maggior parte dei casi, entro 30 giorni.