La criptovaluta più celebre non costituirà la struttura dei pagamenti del XXI secolo. A dichiararlo non è un luddista qualunque, ma una delle personalità più influenti del mondo dei crypto-asset: Sam Bankman-Fried, ceo e fondatore della borsa dei cripto asset FTX e neo investitore nella piattaforma di finanza indipendente Robinhood. Uno che sull’innovazione e il tech sta costruendo un impero.
Se il bitcoin doveva scalare (crescere di dimensioni in modo imponente, lo avrebbe già fatto), lo avrebbe già fatto: questo il succo dell’intervista rilasciata da Bankman-Fried al Financial Times. In particolare, è il sistema di validazioni sottostante il suo funzionamento, a non essersi diffuso: il motivo è la sua scarsa efficienza energetica. La stilettata arriva dopo la constatazione che la criptovaluta ha perso il 35% del suo valore da gennaio 2022, complice le vendite a pioggia di cui è stata oggetto. Bisogna tornare a fine 2020 per trovare livelli simili.
«Operazioni che comportano milioni di transazioni al secondo non possono non essere estremamente efficienti e leggere dal punto di vista energetico», ha sentenziato il miliardario 30enne. I sistemi di validazione devono esserlo: Ethereum sta evolvendo in tal senso. La mole di consumo energetico suscitato dal bitcoin è di tale preoccupazione per i regolatori europei che alcuni propongono di bandirlo per questo motivo. Secondo il Bitcoin Electricity Consumption Index dell’Università di Cambridge, la criptovaluta consuma più energia di paesi come la Svezia o la Norvegia. La preoccupazione ecologica dell’imprenditore tech appare poco coerente, dato l’oggetto sociale della sua FTX, che ha usufruito e usufruisce del meccanismo delle compensazioni del carbonio, ma ciò «non può durare per sempre», ammette lo stesso ceo. «A un certo punto esaurisci i tuoi crediti».
Molti vedono ancora il bitcoin come un sostituto delle valute tradizionali per le transazioni di tutti i giorni. Paesi sovrani come El Salvador o la Repubblica Centrafricana hanno introdotto il corso legale del bitcoin. Tuttavia, la diffusione della valuta in quei paesi non si è allargata. Un recente studio accademico svolto negli Usa – secondo quanto riporta il Ft – ha rilevato che nel Salvador pochissimi effettivamente usano le crypto come mezzo di pagamento, pur essendo numerosi in quel paese gli sportelli Atm dedicati.
Scoraggia l’uso del bitcoin anche un investitore ben più tradizionale di Sam Bankman-Fried, Warren Buffett. Il magnate, nella conferenza annuale della sua Berkshire Hathaway aveva detto: «Se i bitcoin andranno su o giù nel prossimo anno, nei prossimi cinque, dieci, io non lo so. Ciò di cui sono sicuro è che non producono nulla». Del resto, proseguiva Buffett, anche i crypto entusiasti sono convinti che le criptovalute siano un asset passivo, e che l’unica cosa da fare è mantenerlo in portafoglio sperando che aumenti di valore. «Se voi mi diceste, per l’1% di tutti i terreni agricoli degli Stati Uniti, pagaci 25 miliardi di dollari, io vi firmerei l’assegno questo pomeriggio. Perché per 25 miliardi saprei di possedere l’1% di tutto il terreno agricolo Usa. Sarebbe lo stesso se voi mi offriste l’1% di tutti gli appartamenti del paese, vi firmerei subito un assegno da 25 miliardi di dollari».
«Ma, se voi mi proponeste tutti i bitcoin del mondo per 25 dollari, io non li prenderei. Che cosa potrei farci? Potrei solo rivenderli, prima o poi. Non producono nulla. Appartamenti e terrei producono invece affitti e cibo». Tuttavia il ceo di FTX non scommette sulla fine del bitcoin (e come potrebbe). Ritiene che il token «avrà un futuro come asset, commodity o riserva di valore».
Intanto, con la sua partecipazione del 7,6% in Robinhood – pagata 648 milioni di dollari – il giovane ceo è il terzo maggior investitore della piattaforma di trading esente da commissioni.