Le sue scelte avevano parlato (e parlano) chiaro. Warren Buffett nel suo portafoglio investimenti include solo asset di sostanza: utility, commodity, energia. È il cosiddetto approccio del value investing, che si basa sulla ricerca di opportunità in titoli apparentemente sottovalutati. «Non prenderei tutti i bitcoin del mondo nemmeno per 25 dollari»: lo ha detto qualche giorno fa il guru degli investimenti parlando di criptovalute. Non sorprende: in passato, il grande vecchio della finanza aveva definito le criptovalute come «veleno per topi al quadrato».
Il ceo di Berkshire Hathaway, durante l’assemblea annuale degli azionisti, ha spiegato in maniera dettagliata il suo scetticismo nei confronti dei crypto asset. «Se andranno su o giù nel prossimo anno, nei prossimi cinque, dieci, io non lo so. Ciò di cui sono sicuro è che non producono nulla». Del resto, anche i crypto entusiasti sono convinti che le criptovalute siano un asset passivo, e che l’unica cosa da fare è mantenerlo in portafoglio sperando che aumenti di valore.
«Se voi mi diceste, per l’1% di tutti i terreni agricoli degli Stati Uniti, pagaci 25 miliardi di dollari, io vi firmerei l’assegno questo pomeriggio. Perché per 25 miliardi saprei di possedere l’1% di tutto il terreno agricolo Usa. Sarebbe lo stesso se voi mi offriste l’1% di tutti gli appartamenti del paese, vi firmerei subito un assegno da 25 miliardi di dollari. Ma, se voi mi proponeste tutti i bitcoin del mondo per 25 dollari, io non li prenderei. Che cosa potrei farci? Potrei solo rivenderli, prima o poi. Non producono nulla. Appartamenti e terrei producono invece affitti e cibo».
Gli asset, prosegue Buffett, per valere qualcosa devono dare qualcosa di tangibile a qualcuno. «Il denaro è solo uno. Non importa di quante forme ce si lo inventi. Potremmo anche creare le Berkshire Coin, per dire. Ma in definitiva, non sono che soldi», dice Buffett sventolando una banconota da 20 dollari. «E non c’è ragione al mondo perché gli Stati Uniti (o qualunque altro paese, aggiungiamo noi, ndr) dovrebbero usare le Berkshire coin al posto della loro valuta». Dello stesso avviso è un altro grande vecchio degli investimenti, il miliardario Charlie Munger, secondo il quale il bitcoin è «stupido e cattivo». “Stupido” perché secondo lui andrà probabilmente a zero, “cattivo” perché mina il sistema della banca centrale americana, la Federal Reserve. Munger arriva addirittura ad applaudire la «Cina comunista» per aver messo al bando la criptovaluta.
Un approccio indubbiamente conservatore, fedele all’establishment. Avranno davvero ragione questi due signori che nel mondo dell’impresa e dell’asset management hanno goduto di ogni successo? La storia insegna che anche le menti più geniali del mondo imprenditoriale possono prendere degli abbagli. Eccone alcuni. Spoiler: i nomi sono tutti leggendari.
Le previsioni tech meno azzeccate della storia
Champagne Supernova
«Prevedo che Internet diventerà presto una supernova, e nel 1996 crollerà disastrosamente», Robert Metcalfe, inventore di Ethernet.
Lo spam, questo sconosciuto
«Entro due anni, risolveremo il problema dello spam», Bill Gates nel 2004. Magari.
Ah, il fax
«La crescita di Internet rallenterà. Entro il 2005 sarà chiaro che il suo impatto sull’economia non è stato maggiore di quello del fax», Paul Krugman, economista premio Nobel.
La testa fra le nuvole
«Forse sono un idiota, ma non ho idea di cosa si stia parlando. Che cos’è il cloud? È completamente senza senso, è una follia», Larry Ellison, fondatore di Oracle.
Messaggi a caso
«Le casse acustiche (radio, ndr) senza fili non hanno un valore commerciale. Chi pagherebbe per un messaggio mandato a caso, senza un destinatario particolare?», David Sarnoff, 1921.
Ascoltami
«Chi diavolo vuol sentir parlare gli attori?», H.M.Warner, co-fondatore della Warner Bros, sul cinema sonoro, nel 1927.
Che cinema
«Il cinema è poco più di una moda temporanea. Una storia chiusa in una scatola. Mentre quello che il pubblico vuole vedere è la carne e il sangue sul palco», Charlie Chaplin, nel 1916.
Tivù, ti va?
«La televisione non durerà, le persone si stancheranno di stare davanti a una scatola di compensato ogni sera». Era il 1946, e Darryl Zanuck, produttore cinematografico della 20th Century Fox, la pensava così.
Si, anche lui
«Il modello di abbonamento per l’acquisto di musica non potrà avere successo», Steve Jobs, ceo Apple.
Al galoppo
«L’automobile è una moda passeggera. I cavalli sono qui per restare», il presidente della Michigan Saving Bank quando gli fu offerta la possibilità di investire nella Ford Motor, nel 1903.