Dalla Bank of America a Starbucks, le imprese che investono nell’inclusione e nella diversità registrano tassi di crescita annui superiori rispetto alle altre. Ma ancora molto resta da fare. Lo rivela uno studio di Heidrick & Struggles
Solo per il 49% delle imprese gli sforzi verso la parità sono collegati a specifici obiettivi strategici
“Molti sono ancora concentrati sulle basi per far funzionare la diversità, non sui modi in cui la vera inclusione possa contribuire al successo aziendale”, spiegano i ricercatori
Sapevate che nell’aprile del 2018 due uomini afro-americani sono stati ammanettati e allontanati dalla caffetteria Starbucks di Philadelphia per non aver ordinato mentre stavano aspettando l’arrivo di un loro socio in affari? E che, sei settimane dopo, la società ha chiuso oltre 8mila attività negli Stati Uniti per formare oltre 175mila dipendenti sulla discriminazione razziale? E che la Bank of America ogni anno stila un report sui risultati ottenuti in termini di inclusione sottolineando come la chiave di una crescita responsabile sia avere un nucleo di dipendenti che rispecchi la clientela? Sono solo alcuni degli esempi di società virtuose in termini di diversità analizzate dalla ricerca Meeting the inclusion imperative di Heidrick & Struggles, che ha dimostrato come le imprese più attente registrino crescite superiori. Ma ancora molto resta da fare.
Secondo lo studio, infatti, sebbene i leader dichiarino di star investendo nell’inclusione e nella diversità, dopo decenni di obiettivi prefissati solo poche aziende possono essere definite realmente diverse e inclusive: solo il 26% del campione afferma che la propria azienda sia inclusiva “in larga misura”, mentre il 49% dichiara che sia “piuttosto” inclusiva. Ciononostante,
il 59% si aspetta che le proprie aziende saranno ampiamente inclusive nei prossimi tre anni.
Il problema, spiegano i ricercatori, è che difficilmente gli sforzi verso la parità sono collegati a specifici obiettivi strategici (solo per il 49% dei casi) o inclusi nella strategia aziendale (in questo caso si parla del 28%). In secondo luogo, “molti sono ancora concentrati sulle basi per far funzionare la diversità, non sui modi in cui la vera inclusione possa contribuire al successo aziendale”, si legge nel report. A tal proposito, il 35% delle aziende considera un obiettivo fondamentale la creazione di un’atmosfera in cui i dipendenti non subiscano molestie, mentre solo il 28% punta sulla comunicazione periodica dell’importanza strategica della diversità e dell’inclusione.
Al contrario, il 66% delle aziende più virtuose (appartenenti a quello che nello studio viene definito il “D&I Vanguard group”, ovvero il 20% del campione complessivo) afferma che “in larga misura” gli sforzi di inclusione delle proprie aziende siano esplicitamente legati a specifici obiettivi strategici aziendali. L’83% delle stesse adotta strategie di squadra, contro il 69% delle altre società. Inoltre, “gli intervistati spesso considerano gli sforzi nella diversità e nell’inclusione come un contributo al successo dell’azienda, aumentando il coinvolgimento dei dipendenti”, spiegano i ricercatori. In cinque anni, tali società hanno generato un tasso di crescita annuo superiore del 62% rispetto alle altre.
Solo per il 49% delle imprese gli sforzi verso la parità sono collegati a specifici obiettivi strategici “Molti sono ancora concentrati sulle basi per far funzionare la diversità, non sui modi in cui la vera inclusione possa contribuire al successo aziendale”, spiegano i ricercatori
Sapevate che …
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