Un originale e bizzarro incrocio tra un’auto, una moto e… un frigorifero
È noto come la situazione nella quale versavano Germania e Italia alla fine della seconda guerra mondiale, dalla quale uscirono entrambe sconfitte e allo stremo, abbia originato svariate ingegnose soluzioni per ovviare alla pressoché totale mancanza di risorse economiche. Nel campo della mobilita? individuale gli esempi sono innumerevoli, a riprova che dalle situazioni di emergenza possono nascere geniali intuizioni e opere destinate a lasciare il segno (un nome su tutti, la Vespa). Ha dell’incredibile pero? la storia di un intraprendente industriale, attivo nel settore della refrigerazione, che riesce ad avere successo in mercati di mezzo mondo con un originale e bizzarro incrocio tra un’auto, una moto e… un frigorifero. Si tratta di Renzo Rivolta, titolare della Isothermos di Bolzaneto, Genova, che trasferisce l’attività dal 1943 a Bresso, vicino a Milano. Particolarmente attento ai bisogni del pubblico dei consumatori, nel dopoguerra percepisce il crescente desiderio di mezzi di trasporto affidabili, semplici e poco costosi. Presenta quindi vari motocicli e scooter, equipaggiando questi ultimi con un singolare motore a cilindro sdoppiato, alla ricerca del miglior rendimento termico e di bassi consumi.
Isetta, “qualcosa a metà tra la motocicletta e l’automobile”
Ottiene un buon successo, ma Rivolta punta più in alto: immagina infatti qualcosa a meta? tra la motocicletta e l’automobile, qualcosa che unisca l’agilità ed economicità della moto al maggior confort ed alla sicurezza dell’auto. La Fiat proponeva a questo scopo la “Topolino”, come era chiamata dalla gente la 500 C, che tuttavia era una vera e propria automobile, con prezzi quindi da vera automobile e non ancora alla portata di tutti. Rivolta ingaggio? due tecnici con notevoli e- sperienze aeronautiche, Ermenegildo Preti, progettista di alianti, e Pierluigi Raggi, designer. Il primo delineo? la struttura della nuova auto occupandosi poi della parte meccanica, il secondo ne disegno? la linea. Il risultato fu sorprendente: la carlinga di un aereo da caccia, o la cabina di un elicottero, con quattro piccole ruotine da 10 pollici. Una sola porta di accesso, sul davanti, a inglobare tutto il frontale, con due cerniere laterali. Proprio come la porta di un frigorifero, in linea con le tradizioni della Casa, e per di più i primi esemplari uscivano dalla fabbrica quasi sempre di colore bianco. Anche il nome fu frutto della massima semplicità: Isetta, da Iso Automobili, la nuova denominazione dell’azienda.
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Caratteristiche dell’auto Isetta
La vettura era davvero minima, lunga 2,25 metri e larga 1,34, con ampia ed audace vetratura aerodinamica, di foggia aviatoria, lunotto avvolgente, tetto arrotolabile di tela e ruote posteriori distanti tra loro solo 50 centimetri, per evitare l’impiego del differenziale. Il piantone del volante era fissato al portellone e mediante uno snodo si inclinava all’apertura per consentire l’accesso, che avveniva in piedi per poi girarsi e sedersi come su un divano; la chiusura avveniva quindi tirando il volante. I posti erano solo due affiancati ed alle spalle dei passeggeri trovava posto il piccolo motore due tempi della motocicletta Iso 200, quella con il cilindro sdoppiato, portato pero? a 236 cc. La carrozzeria, un po’ a uovo e un po’ a goccia, era in acciaio, montata su un telaio tubolare, con sospensioni anteriori e ruote indipendenti su tamponi in gomma (diversi anni prima della pluricelebrata Mini) e molle a balestra al retrotreno. Il tutto era davvero originale ed inconsueto e consentiva prestazioni di tutto rispetto (quasi 90 km/ora), oltre ad offrire spazio più che sufficiente, comodità e grande maneggevolezza.
Nemo propheta in patria
Nonostante cio?, l’Isetta non incontro? il successo sperato, forse perché troppo in anticipo sui tempi, non essendo peraltro ancora cosi? insostenibili le esigenze del traffico cittadino. Inoltre a causa dell’impossibilita? di improntare una produzione in grande serie, che avrebbe richiesto ben altri mezzi finanziari, l’Isetta fu infine posta in vendita ad un prezzo solo di poco inferiore alla “Topolino”, che restava senza dubbio di altra categoria e segmento. Le campagne pubblicitarie dell’epoca non aiutarono, probabilmente non focalizzando correttamente l’obiettivo. Anziché puntare sull’oggettivo glamour dell’Isetta, sulla maneggevolezza, sulla praticità o anche sull’economicità, si punto? sull’utilizzo dell’Isetta come seconda auto, quando ai più mancava anche la prima, o sulla sua destinazione come auto per signora, quando l’utenza automobilistica dell’epoca era quasi esclusivamente maschile. A cio? si aggiungano gli effetti dell’oggettiva posizione di potere, quasi monopolistico, detenuto allora dalla Fiat, che contribuirono a ostacolare la diffusione dell’Isetta, cosi? come in seguito avvenne con la Vespa 400, la piccola vettura che la Piaggio fu poi indotta a costruire solo in Francia attraverso una sua consociata. Ma la bontà del progetto era comunque innegabile e di li? a poco avrebbe ottenuto il dovuto riconoscimento.
Arriva la Bmw…
La Bmw, uscita a pezzi dalla seconda guerra mondale, stentava a risollevarsi, puntando peraltro ostinatamente sulle sole auto di lusso, in un mercato, quello tedesco, nel quale già la facevano da padrone micro vetture di derivazione motociclistica (come la Messershimitt, la Goggomobil, ecc.). Colpita dalla genialità e dall’originalità dell’Isetta al Salone di Ginevra del 1954, la Bmw chiese ed ottenne dalla Iso la licenza per costruirla con proprio marchio in Baviera, potendo in tal modo evitare gli ingenti costi di progettazione e sviluppo di una nuova vettura. Nacque cosi? nel marzo 1955 la nuova Bmw 250, praticamente un’Isetta con il motore 4 tempi della moto R25, i fari rialzati e un impianto di riscaldamento, prima inesistente.
Fu un vero successo e salvo? letteralmente la Bmw dall’imminente fallimento, cosi? come dalla stessa casa riconosciuto, allorché al raggiungimento dei primi 50mila esemplari, scrisse una famosa lettera di ringraziamento alla Iso, elogiando oltremodo il progetto.
Dopo l’Isetta: l’ascesa della “sorella” tedesca
Mentre in Italia nel ‘56 si pose fine alla produzione dell’Isetta italiana, dopo circa 1.500 esemplari, la sorella tedesca venne negli anni sempre più affinata ed aggiornata, prima con la 300 cc, poi con i modelli Export più rifiniti, fino ad arrivare alle 600 e 700 cc, con quattro posti e l’aggiunta di portiere laterali, per totalizzare più di 160.000 esemplari prodotti fino al 1962. In Germania divenne e resta ancora oggi una vera icona, tanto da essere al museo Bmw di Monaco “il modello che attira più attenzione”, come si legge sul sito internet ufficiale della Bmw.
Un esemplare di Isetta e? esposto anche al museo del muro di Berlino, in quanto incredibilmente protagonista di una rocambolesca fuga attraverso il Checkpoint Charlie, confidando sulla sua insospettabilità, vista l’apparente impossibilita? di nascondere una persona all’interno della vettura. E infatti proprio per questo motivo l’Isetta non venne ispezionata a fondo e l’amico fuggitivo dell’autista poté trovare la liberta?, accovacciato nel vano motore al posto della ruota di scorta e del serbatoio originale sostituito da uno di appena 2 litri. E non fu l’unica: altre otto fughe dall’Est avvennero a bordo di altre Isetta, erigendo il modello quasi a simbolo di liberta?. Fra i tanti primati, oltre a quello di city-car per eccellenza (vera antesignana della Smart, anche per caratteristi- che tecniche, come motore e trazione posteriori), l’Isetta vanta anche quello di prima world-car, essendo stata costruita, oltre che in Italia e Germania, in Spagna, Francia, Regno Unito e Brasile. E non solo, l’Isetta sbarco? anche negli Stati Uniti, dove conquistò grande notorietà con alla guida celebrity come Cary Grant ed Elvis Presley.
Isetta, una vera “bubble car” (o motocoupé) ante litteram
Strano a dirsi ma una siffatta sobbalzante microvettura, in Germania definita motocoupe? e ritenuta degna rappresentante delle cosiddette “bubble car”, consegui? lusinghieri risultati anche nelle competizioni, avendo partecipato con onore addirittura alla Mille Miglia, dove nel 1954 si classifico? trentesima assoluta e nel 1955 uno dei quattro esemplari arrivati sui quattro partiti ottenne la ragguardevole media di 79 km/ora. Impossibile che una vettura con un’immagine cosi? significativa dal punto di vista del design e tanto carica di significati non ispirasse nuove reinterpretazioni sulla scia di altri recenti ritorni futuristici di successo. A parte le solite clonazioni pirata di stampo cinese, da ultimo un modello del 2018, e? oggi in produzione, nell’hinterland torinese, da parte di un grande costruttore di monopattini svizzero, la Microlino, vettura full electric, con tecnologia interamente italiana e dichiaratamente ispirata all’Isetta, con scocca in acciaio e alluminio e grande portellone di accesso anteriore. Se invece si preferisce l’I- setta originale, spesso presente nelle aste internazionali e sempre appetibile, per aggiudicarsi esemplari in ottime condizioni, siano essi di produzione Iso o Bmw 250 e 300, sono necessarie cifre spesso superiori ai 40mila euro.