Negli anni ho preso parte a numerosi corsi di aggiornamento, ma uno in particolare è rimasto impresso nella mia mente. Si svolse nella sala riunioni di un hotel nel centro di Firenze, molto vicino alla casa natale di Dante. I tavoli erano disposti a ferro di cavallo e il professore rivolse la medesima domanda a ciascuno di noi: “quante case lascerete ai vostri figli?”. Il numero minore fu “tre”, la propria casa, quella dei genitori di lui e quella della moglie.
Alcuni arrivarono a 4 o 5, un paio addirittura a 6.
Si potrebbe pensare che fossero persone privilegiate, ma se ci pensiamo bene non è un numero così irraggiungibile: la propria con i rispettivi genitori, la casa dei nonni e un’eventuale casa al mare portano facilmente la quota a sei.
Dopo aver raccolto le nostre risposte il professore chiese: “siete proprio così fiduciosi di far contenti i vostri figli lasciando loro diversi immobili? Non preferirebbero forse una bella polizza che li veda beneficiari e che dopo 20 giorni li porti a ricevere l’accredito sul conto senza tante complicanze?”.
L’affermazione del professore risale a molti anni fa, quando ancora il mercato immobiliare in Italia era un buon affare. Ma ciò che è più rilevante è che oggi risulta essere ancora più vera.
Un buon padre di famiglia, di estrazione “anglosassone”, inizia fin dalla nascita del figlio a pensare al suo futuro. Accantona risorse, solitamente costituite in azioni, nel proprio “fondo”, così da poter coprire le spese universitarie e quelli di eventuali master. Un buon padre di famiglia, di estrazione “latina” invece, pensando alla “protezione”, investe in Titoli di Stato, Buoni Postali, Polizze a capitale garantito e addirittura sul conto corrente. Prodotti che solo diversi anni fa avevano un senso, ma che oggi sono indubbiamente inefficienti.
L’abitudine dei genitori italiani è sempre stata invece quella di farsi carico della futura casa dei figli, il più delle volte senza neppure prendersi la briga di interpellarli sulle loro volontà. L’intenzione è il più delle volte quella di tenere unita la famiglia con case vicine tra loro, per poter “accudire eventuali nipoti”. Ma si tratta di un patrimonio immobiliare che molto spesso rimane inutilizzato.
Ricordo bene il Sig. Pino. Tre figli e una casa in campagna da voler ampliare con molte rinunce e sacrifici. Il tutto per poter assegnare, con orgoglio, un piano ad ogni figlio, per poter permettere loro di restare vicini. Ma la storia non andò così: il minore si sposò e andò ad abitare al paese della moglie (neppure vicino), la figlia si trasferì in un paese più comodo alle sue esigenze lavorative e il maggiore purtroppo morì.
Una vita di rinunce per ottenere tre appartamenti vuoti, sopra la propria casa, in una zona priva di valore commerciale.
Il motto “col mattone ci si guadagna sempre” non è poi così realistico e anche i più estremamente convinti è bene che si pongano qualche dubbio. Oggi gli immobili devono essere considerati per ciò che sono: un normale asset senza una sovraesposizione. Un indagine del Sole24Ore, pubblicata il 23 gennaio 2022, ha persino calcolato che la casa in cinque anni ha perso sull’inflazione -6,10%.