Un’infografica di MSCI, ripresa da Visualcapitalist, ha evidenziato quali sono vantaggi del investimento azionario a livello internazionale.
Il Giappone è il paese che soffre di più dell’home bias, con il 67% della ricchezza allocata in azioni domestiche. Segue Francia (55%), Usa (42%), Germania (32%) e Inghilterra (26%)
Questione di correlazione
La prima cosa da fare guardando ai mercati esteri è individuare quelli che presentano la minore correlazione con il proprio mercato domestico. Con una bassa correlazione sarà meno probabile che i due mercati si muoveranno all’unisono nella stessa direzione. Quanto più dunque si investe in azioni che sono decorrelate (correlazione pari a 0) o addirittura negativamente correlate (correlazione pari a -1) con il proprio portafoglio tanto più sarà il beneficio in termini di diversificazione e dunque riduzione del rischio. Gli Stati Uniti, mercato domestico di riferimento nell’infografica di MSCI, ad esempio hanno diversi gradi di correlazione con i mercati azionari internazionali. Con il Giappone la correlazione tra il 2015 e il 2020 si attestata ad appeno lo 0,1. Di contro con Francia e Inghilterra la correlazione sale fino allo 0,6.
Minore rischio di concentrazione
Un secondo potenziale beneficio derivante l’investimento nell’azionario internazionale è la riduzione del rischio di concentrazione. Le società tecnologiche negli ultimi anni sono infatti diventate sempre più dominanti all’interno dei propri indici. Nell’indice MSCI USA, ad esempio, il peso delle azioni FAANG è raddoppiato da circa l’8% nel 2019 a più del 16% nel 2021. Questa maggiore concentrazione significa che gran parte della performance e del rischio di ogni indice può essere imputato a questo piccolo numero di azioni. La ramificazione geografica del portafoglio può aiutare in questo senso a ridurre questo pericolo.
Crescita economica e valutazioni attraenti
Un portafoglio internazionale ha poi il vantaggio di essere esposto alla crescita economica di altre regioni geografiche e beneficiarne da esse. Fatto di rilievo, soprattutto oggi dove l’asse di crescita sembra sempre più spostarsi ad oriente e più in generale sui mercati emergenti. Il pil di questi paesi è destinato a crescere sempre più velocemente come le rispettive economie diventano economie industriali con standard di vita più elevati. Il Fondo Monetario Internazionale stima che nei prossimi quattro anni questa parte del mondo crescerà in media del 5,1% annuo, contro il 2,82% dell’Europa, il 2,84% del Nord America e il 4,12% del mondo. Inoltre, i mercati emergenti sono attraenti anche per le valutazioni. Hanno un basso price to book value pari a 2 e migliore di quello del Nord America (4,4) e del mondo (2,9) e al contempo un buon RoE a 9,2, più alto del 8,5 dell’area Mena.
Un tema anche di innovazione
Internazionale infine significa anche innovazione. Anche per gli investitori Usa, abituati da sempre alle meraviglie della Silicon Valley, ma che devono fare i conti con nuova tecnologia che arriva sia dall’Atlantico che dal Pacifico. Oltre il 70% della spesa totale in ricerca e sviluppo nel 2018 ha avuto origine al di fuori del Nord America. Israele, Corea e Taiwan guidano la classifica in termini di spesa di innovazione espressa sul pil.