Il mercato dell’arte sta vivendo un momento di transizione: a tre anni dal Covid, sono state smaltite le scorte di capolavori accatastatesi durante la pandemia, quelli appartenenti a collezioni spettacolari come quella degli ex coniugi Harry e Linda Macklowe, dei fratelli mercanti Thomas e Doris Ammann, e soprattutto del cofondatore di Microsoft Paul Allen (ma non solo: la collezione dall’eccellente pedigree è stata una costante dell’immediato periodo post pandemico). Le case d’asta avevano prudentemente atteso che le restrizioni logistiche terminassero prima di dare in pasto al mercato collezioni di assoluto pregio e dimensioni importanti. Nei primi cinque mesi del 2023, il numero dei lotti offerti è giunto al minimo guardando al triennio passato. Le vendite complessive di opere d’arte in asta nel periodo considerato sono diminuite del 14%, come evidenzia l’analisi dell’ultimo Intelligence Art Report di Artnet.
Le prime avvisaglie di un mercato meno euforico
Il campanello d’allarme si è avvertito lo scorso maggio da Christie’s New York, durante la vendita della collezione Gerald Fineberg: stimata 270 milioni di dollari, ne ha incamerati 210, con molti pezzi venduti al di sotto delle valutazioni pre asta. Pur di procedere alla vendita, gli eredi del magnate avevano rinunciato alle garanzie di prezzo offerte da terzi e dalla casa d’aste, incentivando «una caduta libera dei prezzi» anche per lotti blue chip come Gerhard Richter, Lee Krasner, Willem de Kooning, Lucio Fontana, Roy Lichtenstein, Christopher Wool.
La causa della generale contrazione della prima parte del 2023 non è però da ravvisarsi nel solo lato dell’offerta: è in corso un riassestamento anche sul versante della domanda; il mercato dell’arte si allinea agli indicatori economici generali dell’economia con un ritardo di circa sei mesi. Il denaro è diventato molto più costoso che in passato – come annunciato dalle banche centrali i tassi continueranno ad aumentare ancora – e i collezionisti si sono fatti molto più accorti nella spesa. Oggi, si è alzato il costo opportunità di detenere arte in portafoglio: ossia, tenere la ricchezza “ferma” in arte potrebbe essere meno conveniente che allocarla in fondi di private equity, azioni IA o altri asset, date le attuali quotazioni. Inoltre (stando ai dati di BofA, leader nel settore), è diventato molto meno conveniente per i collezionisti avvalersi della pratica dell’art lending, a causa del maggior tasso di sconto oggi applicato (il cliente ottiene meno liquidità rispetto al passato). In ogni caso, il peso maggiore della riduzione delle vendite si avverte nella fascia altissima, “quella dei sette zeri” e oltre. Il primo dato che salta all’occhio è che nei primi cinque mesi del 2023 sono sensibilmente diminuite (-51% rispetto al 2022) i passaggi di proprietà delle opere prezzate a più di 10 milioni di dollari.
Mercato dell’arte 2023, la rivincita della fascia media (e medio alta)
Per contro, hanno performato molto bene le opere quotate fra 100.000 e un milione di dollari (+18%). Quelle prezzate fra il milione e i 10 milioni di dollari hanno visto un incremento del 14%. Se la fascia high end del mercato ha subito un duro colpo quest’anno, la fascia più economica (lotti sotto i 10.000 dollari) non ha brillato, con una riduzione degli scambi pari al 12%. Banalmente, le case d’asta major non trovano conveniente trattare lotti al di sotto di una certa cifra.
Ma quali sono stati i settori in cui si è visto il maggior declino di vendite?
Arte impressionista e moderna (-30%); arte del dopo guerra e contemporanea (-23%). Nel primo semestre 2022 le vendite di arte impressionista avevano beneficiato dell’impatto della collezione della mecenate Ann Bass, con Monet arrivato a superare da solo i 450 milioni di dollari. Quest’anno, nello stesso periodo, l’ammontare per lo stesso autore è stato poco più del 5% (24 milioni di dollari). L’autore che ha venduto di più e meglio nel segmento impressionist and modern è stato Picasso, con 872 lotti venduti su 955 e 273 milioni di dollari di incasso. Non è però più il tempo in cui “bastava essere Picasso” per «incassare 20 milioni di dollari con un quadro», dichiara un dirigente delle due maggiori case d’asta. «Il ritratto di Marie-Thérèse Walter del 1938 (Femme assise au chapeau de paille (Marie-Thérèse)), stimato fra i 20 e i 30 milioni di dollari, è rimasto invenduto lo scorso maggio da Christie’s. Femme nue couchée jouant avec un chat del 1964 (immagine apertura, ndr), da Sotheby’s non ha raggiunto (senza le commissioni) la stima minima di 20 milioni di dollari».
Ultra contemporanei e antichi maestri
L’arte ultra contemporanea, un tempo il segmento a crescita più veloce, si è contratto del 26%. Come esempio, si prenda Louise Bonnet, la cui Figure with tablecloth (2020) non è rimasta invenduta da Sotheby’s. La sua stima era di 600.000-800.000 dollari, in linea con l’exploit dello scorso anno. Altre due opere dell’artista, stimate tra i 300.000 e i 500.000 dollari ciascuna da Christie’s e Phillips, sono state vendute, ma per circa 400.000 dollari.
Louise Bonnet
Il segmento più stabile si è rivelato essere quello degli antichi maestri, calato nei ricavi di un modesto 6%. Il maestro con il maggior fatturato è risultato essere Rubens (6 lotti offerti, 4 venduti, 55 milioni). Fra gli altri artisti multi lotto della top ten, Brueghel e Turner: entrambi hanno venduto tutti i quadri offerti. Resta però il mercato minore in termini di valore monetario assoluto, secondo solo a quello delle opere ultra contemporanee, il cui re incontrastato è stato Matthew Yong. Mentre però queste ultime abbracciano sostanzialmente un periodo di 24 anni, gli old master occupano quasi sei secoli di storia dell’arte (secondo la definizione delle case d’asta).
I primi 5 mesi (2023) delle major
Quanto alle tre principali case d’asta, Christie’s ha di poco (quasi 9 milioni di dollari) superato Sotheby’s. Ma entrambe le case hanno registrato un declino nel fatturato delle aste pubbliche (non sono prese dunque in considerazione le vendite private) nei primi cinque mesi del 2023 (-20% Christie’s; -23% Sotheby’s). Per Phillips la contrazione è stata ancora maggiore, dopo il massimo raggiunto nel 2022. «Si tratta di un reset, di una ricalibrazione», ha dichiarato Jean-Paul Engelen, presidente di Phillips, la cui vendita serale di arte del XX e XXI secolo a New York ha totalizzato 69,5 milioni di dollari, un terzo dei 225 milioni di dollari del maggio 2022, con molti lotti ritirati e prezzi di riserva in diminuzione.
«Gli acquirenti ci sono, ma il denaro è diventato più costoso, e la gente è più consapevole delle proprie spese», ribadisce un art advisor citato dagli analisti.
Stando ai dati dei primi cinque mesi dell’anno, il mercato leader in termini geografici resta gli Stati Uniti, che nel periodo considerato hanno totalizzato 2,6 miliardi di dollari, cifra inferiore del 25% alle vendite del 2022 (anno della collezione Allen…) ma in linea o sopra quanto fatturato nel 2019, 2020, 2021. In Cina il fatturato delle aste è più che raddoppiato (+110%), ma solo perché alcune aste programmate per l’autunno 2022 sono state spostate da alcune case cinesi (come Poly International e Yongle Auctions) nella prima parte del 2023. Continua a perdere di rilevanza il mercato UK in seguito alla Brexit (-27%).
Mercato dell’arte 2023, le vendite online
Infine, le vendite online sono diventate strutturali. Diminuite rispetto agli anni dei lockdown, sono comunque rimaste più elevate rispetto al pre covid: 155 milioni il totale delle vendite online effettuate sulle piattaforme di Christie’s, Sotheby’s, Phillips, Bonhams, Artnet. Nel 2019 era 35,5 milioni di dollari, ma il prezzo medio dei lotti transati è più basso.
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