“In passato, il lavoro all’estero degli espatriati tendeva ad essere pagato molto bene e a essere prefissato per un periodo di tempo breve e determinato: però la nostra ricerca ha dimostrato che la comunità degli espatriati sta iniziando a fare programmi per rimanere all’estero per periodi molto più lunghi”, dichiara Paula Covey, Direttrice generale dell’area marketing per il ramo assicurazioni sanitarie di Allianz Partners
Nella decisione di tornare nel paese di origine o meno si valuta l’equilibrio tra vita professionale e privata. Aspetto considerato dal 70% degli intervistati
“Stiamo anche assistendo a un cambiamento dei programmi per il futuro degli espatriati. In passato, il lavoro all’estero degli espatriati tendeva ad essere pagato molto bene e a essere prefissato per un periodo di tempo breve e determinato: però la nostra ricerca ha dimostrato che la comunità degli espatriati sta iniziando a fare programmi per rimanere all’estero per periodi molto più lunghi. Il 76% degli intervistati ha detto di aver cambiato lavoro nel Paese estero da quando ci si è trasferito; il 59% ha comprato casa nel Paese straniero e il 58% conferma di avere l’intenzione di rimanere all’estero a lungo. È una tendenza interessante da prendere in considerazione da parte dei datori di lavoro, i quali iniziano a rimpiazzare la mossa di inviare dipendenti all’estero per lavoro con quella di assumere personale direttamente all’estero.”, dichiara Paula Covey, Direttrice generale dell’area Marketing per il ramo assicurazioni sanitarie di Allianz Partners
Ma facciamo un passo indietro. La ricerca ha infatti anche chiesto come mai si è deciso di lasciare il proprio paese per andare all’estero. Il 49% ha risposto che la leva finanziaria ha giocato un ruolo molto importante, insieme alla ricerca di una migliore qualità di vita (comprensiva di un miglior accesso alle cure mediche e al benessere). Il 46% ha inoltre dichiarato di essere andato all’estero per motivi personali, mentre il 40% per ottenere un miglior equilibrio tra vita professionale e privata. Da aggiungere inoltre che il trasferirsi all’estero molto spesso non impatto su un singolo individuo ma su tutta la famiglia. E infatti, secondo la ricerca, il 71% degli intervistati si è trasferito all’estero con la famiglia. Il 51% ha invece figli che vivono con loro all’estero. Un dato non molto incoraggiante per i paesi di partenza è che il 65% degli intervistati ammette che vivere all’estero ha finora avuto un impatto positivo in generale sulla salute della famiglia. Il 22% sostiene di avere ottenuto questo risultato dal momento che all’estero ha potuto accedere a una migliore qualità di vita, mentre il 21% dice che il risultato è dovuto alla capacità di accedere a migliori servizi per quanto riguarda le cure mediche ed il benessere.
Tornare a casa?
Nella decisione di tornare nel paese di origine o meno valutano l’equilibrio tra vita professionale e privata, aspetto è considerato dal 70% degli intervistati. Di questi il 60% dichiara di avere attualmente un migliore equilibrio tra vita professionale e vita privata nel paese in cui vive all’estero di quanto ne avesse nel paese d’origine. La percentuale sale al 72% se si considerano solo gli intervistati che vivono in Canada e al 71% se si considerano solo quelli che vivono negli Emirati Arabi Uniti. Scende invece al 26% se si considerano solo quelli che vivono a Singapore. Altro aspetto che fa restare gli espatriati all’estero è il settore medico. Il 72% degli intervistati residenti in Singapore, il 67% di chi ha scelto gli Emirati Arabi, il 62% dei residenti in Francia e il 58% di chi è andato in Canada trovano che i servizi disponibili in loco siano migliori rispetto a quelli a cui avevano accesso nel paese d’origine. Unica eccezione è fatta per il 23% di coloro che vivono nel Regno Unito. Questi hanno infatti dichiarato di trovare la qualità dei servizi per la salute e il benessere molto inferiore a quella disponibile nel loro paese d’origine.