La curva dei rendimenti si è un po’ alzata, per effetto del sollevamento delle aspettative sull’inflazione. Ma potrebbe essere una fiammata di breve respiro, “guidata dall’euforia della domanda. L’economia sta scontando l’idea che il Covid sia acqua passata, ma la partita è ancora aperta. Dovremo farci i conti ancora, almeno fino all’autunno. Più in generale, da osservatore del mercato, io non credo a un rialzo strutturale e persistente dei tassi d’interesse. La tendenza di lungo termine è quella che va nella direzione opposta, verso una traiettoria giapponese”.
Intanto, la massa di liquidità nel sistema finanziario sta supportando a oltranza la componente azionaria. “Sembra essere diffusa la convinzione che le borse possano crescere all’infinito, senza soluzione di continuità. Il mercato sembra aver ridimensionato qualche eccesso sulla componente tecnologica a favore di quella ciclica, per esempio le banche: gli investitori hanno capito che sono robuste, iper-capitalizzate, hanno fatto i compiti a casa e gestito i problemi. D’altra parte, l’universo azionario è così ampio da offrire spazi molto ampi per una rotazione dei portafogli”.
Non bisogna trascurare, però, altre classi di attivo. “Il private equity e il real estate sono una stella nascente: i capitali pazienti, del resto, funzionano bene in un mondo a tassi zero. I regolatori, a loro volta, stanno incoraggiando la disintermediazione del settore finanziario. L’attività di credito tradizionale si sta contraendo, le aziende hanno bisogno di attingere a canali di finanziamento alternativi. Ma tra il prestito bancario e la quotazione, c’è uno spazio gigantesco che va riempito”, argomenta Caselli. “I mercati privati sono una risposta concreta”, che, a sua volta, si può declinare attraverso strumenti diversi e temi differenti, osserva il professore: “infrastrutture, smart city, rigenerazione del patrimonio urbano, real estate”.