Per imprese e privati europei è sempre più difficile accedere a nuovi capitali e in Italia ottenere un finanziamento è tre volte più difficile che in Germania o Francia. A confermarlo è l’ultima Indagine sui prestiti bancari nell’area dell’euro svolta dalla Banca Centrale Europea, pubblicata lo scorso ottobre. I primi 10 mesi del 2022, infatti, sono stati caratterizzati dal rincaro dei costi di produzione e dalla minaccia sempre più concreta di una recessione: questo ha spinto banche e istituti di credito a imporre requisiti di accesso al denaro sempre più stringenti. Dimostrare la propria solidità patrimoniale risulta quindi ancora più cruciale per imprenditori e società, i quali possono trovare un insolito alleato nelle polizze vita di carattere finanziario. Vediamo come con Alessio Guerriero, Responsabile Wealth Management del Gruppo BCC ICCREA.
Pegno sulla polizza vita: come funziona
Aziende e privati che necessitano di liquidità possono costituire in pegno il credito derivante dalla polizza (ossia il valore di riscatto di quest’ultima) della quale essi sono contraenti. Tale modalità di finanziamento, molto diffusa nel private banking, è nota come credito “lombard”. Esso prevede che l’erogazione del credito avvenga contestualmente al deposito o alla costituzione in pegno di valori mobiliari a favore della banca o dell’istituto di credito da parte del soggetto che richiede il prestito. “Di regola tali valori consistono in azioni o obbligazioni – spiega Guerriero – ma possono anche essere costituiti in pegno i prodotti d’investimento assicurativi (o IBIPs, Insurance-Based Investment Products) come le polizze vita a contenuto finanziario”.
Le ragioni per le quali un contraente ricorre alla costituzione in pegno della polizza sono principalmente due: ottenere nuova liquidità in breve tempo tramite un prestito o vedersi garantita una linea di credito per le sue obbligazioni presenti e future. Prima di concedere il finanziamento, solitamente la banca richiede al cliente un prospetto di riscatto della polizza. Sulla base di tale ammontare, essa deciderà quanto capitale erogare, richiedendo al contraente di vincolare la polizza stessa facendosi indicare quale beneficiaria delle somme assicurate. Inoltre, una volta che il pegno sulla polizza vita è stato costituito, qualsiasi operazione che il contraente intende effettuare su di essa (ad esempio riscatti, versamenti aggiuntivi, switch) sarà possibile solo previa autorizzazione della banca. “La possibilità di disporre di un attivo da dare in pegno favorisce, in modo consistente, le probabilità di ottenimento del prestito, in particolar modo quando le somme richieste sono ingenti”, commenta Guerriero.
Conflitto d’interesse? Ecco come gestirlo
Quale che sia la motivazione del contraente a ricorrere al pegno, occorre considerare attentamente il ruolo svolto dalla banca laddove la polizza oggetto del vincolo sia stata distribuita grazie alla sua intermediazione assicurativa.
In questo caso, infatti, il cliente risulta al tempo stesso contraente della polizza e debitore del finanziamento: tale situazione ricade nell’ipotesi di conflitto d’interesse, in quanto la banca verrebbe remunerata allo stesso tempo sia come finanziatore che soggetto collocatore. Per rendere concreta l’ipotesi è sufficiente pensare al caso in cui un cliente, contraente di una polizza vita distribuita dalla stessa banca alla quale intende richiedere il finanziamento, non voglia operare un disinvestimento dei prodotti stessi, a causa degli eventuali disincentivi legati al riscatto o delle minusvalenze che potrebbe realizzare ritirando il capitale in un momento di mercato avverso.
Per evitare che il conflitto di interessi possa incidere negativamente sulle esigenze e gli obiettivi dei clienti del Gruppo BCC ICCREA, la struttura di Wealth Management di Capogruppo ha rilasciato alle BCC Affiliate le istruzioni operative per la gestione del conflitto di interesse. “L’iniziativa – commenta Guerriero – si inserisce nel più ampio processo di revisione della gamma di servizi offerti dal Gruppo, frutto della condivisione con le Banche di Credito Cooperativo delle esigenze e dei bisogni della propria clientela, con l’obiettivo di ampliare il ventaglio dei prodotti e servizi anche in ottica di efficientamento di portafoglio”.
Sulla base del rapporto contrattuale, i consulenti dovranno valutare se la contemporanea qualifica della banca – da un lato soggetto beneficiario o vincolatario delle prestazioni assicurative e, dall’altro, distributore del relativo contratto – si rifletta negativamente sull’interesse del cliente. “Per far ciò occorrerà analizzare in particolare i seguenti elementi: in primis la contestualità dell’operazione contrattuale, ossia il lasso di tempo trascorso tra la sottoscrizione della polizza e la richiesta di finanziamento; in secondo luogo, la coerenza della situazione patrimoniale del cliente, valutando la percentuale di IBIPs posta a pegno in rapporto alla sua ricchezza complessiva presso la banca di riferimento al momento della richiesta; infine, occorrerà prendere in considerazione la finalità del finanziamento richiesto” conclude Guerriero.