Venendo ai profili squisitamente tecnici e strutturali, partiamo con il definire la PT come una imposta indiretta che persegue una finalità specifica: l’obiettivo principale è quello di disincentivare l’uso dei prodotti in plastica monouso con l’intento di preservare l’ambiente, con ciò permettendo allo Stato italiano di versare un minor ammontare del contributo sui rifiuti in plastica non riciclati dovuto dagli Stati membri all’Unione Europea.
Il perseguimento di detto obiettivo consente di definire l’ambito oggettivo dell’imposta: questa si applica a tutta una serie di beni di uso quotidiano in materiale plastico accomunati dalla caratteristica di essere progettati e realizzati per avere un singolo utilizzo, esaurito il quale il prodotto termina la propria vita utile diventando nient’altro che un rifiuto (prodotti, quindi, monouso).
Sono esclusi, invece, i prodotti compostabili (UNI EN 133432:2002), i dispositivi medici rientranti nella Classificazione nazionale dei dispositivi medici, ed i Macsi destinati al contenimento e alla protezione dei medicinali.
Inoltre, non vi rientrano i Macsi realizzata con plastica che venga da processi di riciclo ovvero i Macsi ceduti o esportati per il consumo in altri Paesi.
E, qui, si incontra già un primo problema: la definizione di “semilavorati” e “preforme”: manca una definizione legislativa di “preforme”.
In concreto, vi è un rischio di estensione dell’ambito di applicazione: sul punto, non è stato risolutivo nemmeno l’intervento dell’Agenzia delle Dogane che, in sede di pubblicazione della prima bozza della determinazione direttoriale di attuazione della PT, ha basato la definizione su un giudizio di “idoneità” del prodotto a costituire involucro o parte di involucro di merci o di prodotti alimentare che, tuttavia, risulta essere di difficile accertamento.
Sempre in tema di ambito oggettivo, la bozza di determinazione specifica, inoltre, che i MACSI sono realizzati con l’utilizzo, anche parziale, di materie plastiche costituite da polimeri organici di origine sintetica ricompresi alle voci doganali da 3901 a 3911 della nomenclatura combinata dell’Unione europea.
Sebbene l’elenco dei codici potrebbe “apparire” come un criterio oggettivo e imparziale per la definizione del perimetro della PT, vi sono comunque dei profili problematici. Ad esempio, la nomenclatura combinata nulla dice in ordine alla riutilizzabilità o meno di un prodotto durante il suo ciclo di vita.
Ambito soggettivo
Con riferimento all’ambito soggettivo, sono tenuti al pagamento dell’imposta:
– per i Macsi fabbricati in Italia, il fabbricante o il venditore/committente (residente o non residente nel territorio nazionale), cioè il soggetto che richiede la fabbricazione di MACSI in conto lavoro e successivamente li cede (c.d. venditore);
– per i Macsi provenienti da altri Paesi dell’Unione Europea, il soggetto che acquista MACSI nell’esercizio della sua attività economica (come nel caso di vendite B2B a società acquirenti italiane) o il cedente nel caso di vendite B2C a consumatori privati in Italia;
– per i Macsi provenienti da Paesi terzi, l’importatore.
Dal punto di vista impositivo, il presupposto della PT sorge al momento della produzione, dell’importazione o dell’introduzione da Paesi UE dei Macsi; l’imposta diviene esigibile all’atto dell’immissione in consumo nel territorio dello Stato o dell’importazione definitiva
– Laddove il Macsi prodotto in Italia sia venduto e spedito fuori dal territorio italiano (in UE oppure esportato in Paesi terzi);
– L’importo dell’imposta sia inferiore a Euro 25,00;
– Il Macsi fa parte di una spedizione che rientra nel campo di applicazione di qualsiasi franchigia doganale prevista dal regolamento CE 1186/2009 del Consiglio del 16 novembre 2009.
L’imposta è dovuta con Aliquota: 0,45 €/kg, dovuta unicamente per la quantità di materia plastica vergine contenuta nei Macsi.
Per quanto riguarda la liquidazione, i contribuenti soggetti alla PT devono presentare delle dichiarazioni trimestrali che riportano l’importo dell’imposta dovuta, mentre i non residenti dovranno nominare un rappresentante fiscale che sarà solidalmente responsabile con il soggetto estero rappresentato.
Per quanto riguarda l’attività di accertamento, riscossione e controllo dell’imposta, questa è demandata all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
Le eventuali irregolarità sono soggette a sanzioni molto gravose, ossia dal doppio al quintuplo dell’imposta evasa, non inferiore a Euro 250,00, in caso di mancato pagamento dell’imposta; del 25% dell’imposta dovuta, non inferiore a Euro 150,00 in caso di ritardato pagamento dell’imposta; da Euro 250,00 a Euro 2.500,00 in caso di tardiva presentazione della dichiarazione e per ogni altra violazione delle disposizioni previste nonché delle relative modalità di applicazione.
Come detto, l’attuazione della PT è demandata alla pubblicazione della determinazione direttoriale dell’Agenzia delle Dogane; quest’ultima, insieme al MEF, ha avviato una consultazione pubblica per vagliare delle soluzioni “applicative” percorribili.
Ebbene, ad oggi, però, permangono ancora molteplici profili critici di cui le associazioni di categoria e gli operatori del settore ne chiedono il chiarimento.
Oltre a quanto detto in materia di definizione dell’ambito oggettivo, potrebbe non essere agevole separare ed individuare i Macsi per quei prodotti che non nascono solo in plastica ma si compongono di altri prodotti quali carta, metalli o altro (c.d. poliaccoppiati): è il caso, ad esempio, di alcune confezioni per prodotti alimentari che sono composti prevalentemente in carta ma che contengono anche una pellicola in plastica per permettere al consumatore di visualizzare il prodotto contenuto all’interno della confezione.
Problemi di equità sostanziale
Inoltre, sussistono anche dei problemi di equità sostanziale: la disciplina della PT che ha l’intento di scoraggiare la produzione e l’utilizzo di plastica vergine, non tiene conto del fatto che alcuni operatori commerciali non hanno la scelta se utilizzare plastica vergine o plastica riciclata. Si pensi, ad esempio, al settore alimentare o a quello della cosmetica dove l’utilizzo di plastica riciclata non è consentito per legge o mal si presta a contenere determinati prodotti per ragioni tecniche. Ebbene, questi soggetti si troverebbero svantaggiati in quanto non hanno altra scelta che munirsi di plastica soggetta a imposizione. Si potrebbe, dunque, pensare a qualche correttivo normativo, quale ad esempio un credito di imposta oppure un’esenzione o rimborso, anche parziale.
Altro annoso tema riguarda l’esclusione di alcuni prodotti dal perimetro della PT; sebbene la norma preveda che i Macsi che sono compostabili così come quelli che provengono da processi di riciclo sono esclusi dalla tassazione, non è chiaro se possono essere individuati dei quantitativi minimi di plastica riciclata anche in termini percentuali raggiunti i quali è possibile invocare l’esclusione dall’imposta.
Con riferimento ai Macsi adibiti a contenere e proteggere preparati medicinali che sono esclusi dall’ambito oggettivo di applicazione dell’imposta, non è chiaro se debbano intendersi tutti gli imballaggi o solo l’imballaggio primario (come avviene ad esempio in ambito Conai), cioè quello a diretto e stretto contatto con il prodotto farmaceutico o il dispositivo medico (ad esempio, la fialetta in plastica che contiene il liquido potrebbe essere esclusa mentre qualunque altro imballo in plastica per confezioni multiple, etc. potrebbe rimanere soggetto ad imposizione).
In conclusione, la pubblicazione delle bozze è stata accolta con interesse e attenzione da tutti gli operatori potenzialmente “colpiti” dalla PT.
Ma, a pochi mesi dalla sua entrata in vigore, rimangono ancora alcune questioni per cui sarebbe utile avere un intervento chiarificatore, per permettere agli operatori una completa cognizione di tutti i possibili impatti di tale nuova imposta che, vista la complessità delle modalità applicative previste, non saranno solo fiscali; è facile immaginare, infatti, che molti dei soggetti passivi di detta imposta dovranno “subire” anche notevoli impatti sui sistemi legati alla logistica, alla produzione, alla contabilità e alla reportistica, oltre che le intuibili ricadute sulle strategie e sui modelli di business, in alcuni casi da “rivedere”, per approdare – per quanto possibile – ad un modello Plastic free, sempre più richiesto dagli stessi consumatori.
Ci si augura quindi che l’Agenzia delle dogane e dei Monopoli possa quanto prima accogliere le istanze di miglioramento e semplificazione promosse dalle associazioni di categoria e dagli operatori.