Un paradiso fiscale consente ai soggetti interessati a trasferire la residenza o dirottare capitali di godere di numerosi benefici, spesso ai limiti della legalità
I paradisi fiscali oltre a facilitare una pianificazione fiscale aggressiva per gli individui o per le multinazionali, offrono anche la possibilità di acquistare dei passaporti. Dunque, la cittadinanza
Con riferimento all’Italia, basti pensare al fatto che nel primo trimestre del 2021, grazie all’operato della guardia di finanza e dell’Agenzia delle entrate, le entrate tributarie erariali derivanti da attività di accertamento e controllo su condotte evasive hanno raggiunto 1.783 milioni di euro, di cui 830 milioni di euro affluiti dalle imposte dirette e 953 da quelle indirette.
Da un lato, sono state implementate le strategie preventive e di miglioramento della propensione dei contribuenti ad adempiere spontaneamente (tax compliance); dall’altro, sono state dotate le autorità competenti, l’amministrazione e i nuclei cd. anti-evasione, di strumenti tecnologici idonei a elaborare analisi complesse e scambiare con più facilità informazioni tra diverse giurisdizioni. Con l’obiettivo di rintracciare, mediante ricerche incrociate sulle banche dati, le condotte evasive e avviare azioni di recupero di gettito
L’evasione fiscale, infatti, è un fenomeno molto complesso che si radica in numerosi contesti, e si sviluppa anche mediante il ricorso a svariate, quante sofisticate, strategie di pianificazione fiscale aggressiva.
Tra le varie ipotesi di condotte evasive, si può passare dalla più comune contabilità dei ricavi non dichiarati, alle più complesse frodi comunitarie attraverso operazioni inesistenti, fino al trasferimento di capitali nei paradisi fiscali; attività, quest’ultima, che si caratterizza per l’opacità: quando si tratta di tax haven, infatti, non è facile individuare il confine tra il lecito e l’illecito; tra l’opportuno e il discutibile. Tra le pratiche elusive e quelle evasive.
Certamente, è innegabile, come del resto suggerisce il nome (paradiso fiscale), che vi siano degli effettivi vantaggi per i contribuenti che ivi decidono di trasferire capitali o la propria residenza. Tra i vantaggi di entrare in contatto con un paradiso fiscale rientra la possibilità di godere di un rigido segreto bancario; di beneficiare dell’irrisorietà dei gravami fiscali sui redditi delle persone fisiche o di capitale; di sfuggire, nei casi più estremi, anche ad eventuali rogatorie internazionali.
Ma, ad oggi, come noto, i servizi offerti dalle giurisdizioni a fiscalità ridotta (o assente) non sono più riconducibili soltanto alla “lack of transparency” degli ordinamenti societari e finanziari, o alle vantaggiose condizioni fiscali garantite ai contribuenti. Spesso, i paradisi fiscali, oltre a facilitare una pianificazione fiscale aggressiva per gli individui o per le multinazionali, offrono anche la possibilità di acquistare dei passaporti. Dunque, la cittadinanza.
Si tratta del fenomeno definito di “cittadinanza economica” o golden visa. Questa fattispecie consente al soggetto richiedente (spesso molto facoltoso) di diventare cittadino di un determinato Stato e di detenere, conseguentemente, il passaporto; beneficiando perciò di tutti i vantaggi correlati a questo dettaglio.
Ovviamente, la cittadinanza si ottiene solo attraverso pagamento di ingenti somme di denaro; spesso versato a titolo (fittizio) di contributo per il sostegno economico e sociale al Paese.
In questo modo, un cittadino extracomunitario che acquista – a caro prezzo – la cittadinanza di un determinato Stato, grazie al nuovo passaporto rilasciatogli avrà la possibilità di fare ciò che prima nel paese d’origine, per questioni giudiziarie o finanziarie, gli era precluso: dunque, avviare un’attività commerciale, costituire una società, aprire un conto corrente, circolare liberamente all’estero.
Appunto, circolare, ad esempio, nel territorio dell’Unione Europea senza i necessari visti o permessi speciali solitamente richiesti ai cittadini extra-UE.
È questo il caso del piccolo e remoto Stato di Vanuatu; atollo situato nel sud del Pacifico. Nell’inchiesta condotta dal The Guardian, emerge come Vanuatu – nell’ultimo anno – avrebbe rilasciato oltre 2.200 passaporti a favore di ricchi uomini d’affari, provenienti soprattutto dalla Cina, ma anche dall’Europa. Il passaporto di Vanuatu, infatti, garantisce l’accesso illimitato e senza visto a 130 paesi, tra cui il Regno Unito e le nazioni dell’UE.
Nell’elenco dei soggetti che avrebbero ottenuto la cittadinanza dietro pagamento, tra l’altro, figurerebbe anche un italiano noto alle recenti cronache per aver messo in difficoltà le finanze del Vaticano in una discussa operazione immobiliare basata su Londra.
Ebbene, nella maggior parte dei casi, come emerge dall’indagine del Guardian, il paradiso fiscale di Vanuatu avrebbe rilasciato i passaporti a individui appartenenti a frange criminali o a soggetti ricercati dalle autorità negli Stati di provenienza per aver commesso reati particolarmente gravi, quali truffa, bancarotta fraudolenta, evasione fiscale e corruzione.
I sistemi cd. di cittadinanza per investimento (CBI, citizenship-by-investment) non sono necessariamente illegali ma sono correlati ad attività, spesso, illecite.
Il passaporto rilasciato dietro pagamento diviene lo strumento attraverso cui molti soggetti riescono a sfuggire a mandati di arresto, riciclare denaro sporco, trasferire in giurisdizioni off-shore società di comodo e, addirittura, come si legge nell’opuscolo che pubblicizza l’attività svolta dallo Stato di Vanuatu, cambiare identità ottenendo un nuovo nome e cognome.
Si tratta, chiaramente, di un business che muove molto denaro. Il mercato dei passaporti, infatti, è interessante tanto per le persone fisiche che ogni anno richiedono e ottengono una nuova cittadinanza, quanto per lo Stato che rilascia i documenti. Si pensi al fatto che questo schema di compravendita di passaporti ha fruttato a Vanuatu, uno dei paesi più poveri del mondo, oltre 116 milioni di dollari; rappresentando, a tutti gli effetti, la più grande fonte di entrate per il governo del piccolo Stato nel Pacifico.
Grazie a questo business, nel giugno 2021, il governo di Vanuatu – nonostante la pandemia di Covid-19 – ha registrato un avanzo di bilancio.
È evidente, allora, alla luce dei risvolti criminali, che alcuni paradisi fiscali, dall’essere paradisi – dunque luoghi ove rifugiare danaro – possono diventare il loro opposto. Vale a dire giurisdizioni che, indirettamente, supportano l’attività della criminalità organizzata.