Spesso si apprendono notizie, in tema dei paradisi fiscali, che tendono a fermarsi in superficie e, senza entrare nel merito della questione, lasciano che gli aspetti essenziali rimangano per lo più sconosciuti. In particolare per i non addetti ai lavori
Quando si intende effettuare operazioni finanziarie con paesi considerati paradisi fiscali è più che mai opportuno inquadrare il fenomeno e, anche con l’aiuto di un consulente, valutare i rischi, le problematiche e le opportunità che vengono in rilievo
Per tale ragione, è opportuno individuare alcuni punti fermi, che permettano di fare luce sul tema dei paradisi fiscali e del trasferimento di danaro presso istituti di credito ivi localizzati.
Prima di soffermarsi su questioni più approfondite, è utile sgomberare il campo da eventuali ambiguità lessicali. Con la locuzione inglese tax haven, tradotta impropriamente in italiano alla stregua di “paradiso” (probabilmente per via della confusione con la parola “heaven”), si intende – in realtà – “rifugio”.
In questi termini, pertanto, un tax haven rappresenta un ordinamento o un territorio in cui è conveniente rifugiare e dirottare capitali o redditi, sfruttando un’imposizione fiscale (di società o individui) assente o fortemente limitata.
– Il contesto economico dell’economia off-shore
Negli ultimi trent’anni, sono molteplici i fattori che hanno contribuito alla gemmazione e alla diffusione dei paradisi fiscali. Tutti i fattori, però, discendono dalla globalizzazione dell’economia che, in via diretta o indiretta, ha generato: forte competizione fiscale ed economica tra gli Stati; maggiore integrazione dei sistemi finanziari tra Paesi; rapida fluttuazione di capitali a livello nazionale e transnazionale; moltiplicazione, nell’ambito bancario, di servizi destinati a rispondere alle più disparate esigenze dei clienti.
– Le caratteristiche, i criteri, l’utilizzo di un paradiso fiscale
Il paradiso fiscale, per svariati motivi (riconducibili, in buona sostanza, all’esigenza di sottrarre a imposizione redditi), può rappresentare il luogo elettivo ove trasferire fittiziamente la propria residenza fiscale (se si tratta di persone fisiche) o costituire società a cui attribuire redditi generati in Stati a fiscalità ordinaria; nonché ove dirottare capitali i cui redditi vengono, al contrario, dichiarati nello Stato di residenza.
In via generale, inoltre, un tax haven si contraddistingue per essere un territorio che persegue politiche di tax privileges, con sistemi fiscali a imposizione ridotta o assente e con ordinamenti che, non solo non prevedono politiche a sostegno della trasparenza legale/amministrativa, ma che tutelano il segreto bancario e l’anonimato sulle transazioni.
Infine, per larga parte, si tratta di Paesi in cui le convenzioni contro le doppie imposizioni sono assenti o prive di clausole sullo scambio di informazioni.
Vale a dire come luogo ove collocare redditi derivanti da royalties e dividendi o come luogo che consente di sottrarre all’attenzione delle autorità fiscali del territorio di residenza determinati capitali.
Tutto ciò considerato, è bene precisare che ricorrere ad un paradiso fiscale per aprire un conto corrente cd. off-shore, ad esempio, non significa, in ogni caso, porre in essere una fattispecie illecita o illegittima.
Al contrario, nell’ipotesi in cui ricorrano determinate condizioni atte a giustificare le operazioni di spostamento della materia imponibile verso altri ordinamenti, si tratta di pratiche consentite. Come nell’ipotesi di operazioni (non aggressive) di international tax planning, che permettono, sfruttando i disallineamenti tra i vari sistemi fiscali, di ottenere un’imposizione fiscale differenziata e ridurre l’obbligo fiscale del contribuente.
Alcuni dei vantaggi, potenzialmente, correlati all’apertura di un conto bancario off-shore possono individuarsi nella marcata riduzione del carico fiscale; nella possibilità di proteggere i propri capitali da eventuali azioni legali e nel tutelarsi da eventuali rischi politico-economici correlati al proprio paese di residenza.
Anche la Svizzera, nonostante abbia di recente attuato riforme volte a ridurre i vantaggi fiscali, rientra tra i paesi ove (soprattutto per le persone fisiche non residenti) conviene aprire conti correnti e trasferire capitali. Il paese elvetico, inoltre, è considerato uno dei luoghi più sicuri per tutelare i propri risparmi da crisi economiche, o da pericoli legati all’instabilità del paese di residenza.
E invero, nonostante i vantaggi che discendono dal rifugiare redditi e capitali presso paradisi fiscali, è opportuno prestare attenzione sia alle operazioni di pianificazione fiscale che si vuole porre in essere, che alle giurisdizioni e agli Stati che verrebbero coinvolti.
Infatti, se non ponderate in maniera corretta, le eventuali manovre che dovrebbero condurre verso un risparmio fiscale legittimo, preordinato alla protezione del proprio patrimonio, potrebbero generare più svantaggi che benefici.
È perciò, tra le altre cose, opportuno considerare le politiche di scambio di informazioni che si applicano tra i vari paesi coinvolti, così come consultare gli elenchi che catalogano i Paesi cd. Black list. Vale a dire i Paesi (in contrapposizione ai White List) considerati non collaborativi e che adottano regimi fiscali non trasparenti.
In questi termini, può risultare utile consultarsi con professionisti del settore che, in ragione degli interessi presentati dal cliente, sappiano al meglio interpretare le norme nazionali, gli accordi tra Paesi discendenti dalle Convenzioni contro le doppie imposizioni, nonché sappiano valutare tutti i fattori di rischio legati ai profili elusivi, alla presunzione di residenza e, al contempo, facciano un’accurata analisi opportunità/costi.