Moneyfarm e Progetica hanno condotto un sondaggio per capire quanto gli italiani siano preparati sul tema previdenziale
Solo il 4% degli intervistati è a conoscenza di tutti i fattori che impattano sull’ammontare della pensione. 1 italiano su 4 sa che anche il PIL avrà un impatto sull’assegno pensionistico
“Una mancata crescita del Pil nazionale potrebbe costare il 20% dell’assegno pensionistico ai quarantenni di oggi” spiega Giovanni Daprà, co-fondatore e ad di Moneyfarm
I principali fattori che impattano sull’assegno pensionistico
Dal sondaggio emerge innanzitutto come pochi hanno cognizione di causa dell’ammontare, presente e futuro, che l’italiano medio percepisce quando va in pensione. La maggior parte degli intervistati stima che la propria pensione pubblica andrà da un minimo di 800 euro a un massimo di 3.000 euro, e solo il 12% stima che ammonterà a 1.200 euro, importo che, a oggi, coincide con la pensione media nel nostro Paese, ma che, con tutta probabilità, in futuro potrebbe essere solo un miraggio. Questione in parte anche dei parametri su cui la pensione viene calcolato, ma che quasi nessuno in Italia conosce.
Soltanto il 4% conosce tutti i fattori che impattano sull’importo dell’assegno pensionistico ossia: anzianità contributiva (il numero di anni lavorati), stipendio, aumento della speranza di vita, andamento del Pil e tipo di lavoro. Venendo ai singoli fattori, più dell’80% degli intervistati conosce l’impatto dello stipendio (80,7%) e dell’anzianità contributiva (81,1%) sugli importi, ma soltanto 1 su 3 (34,4%) sa che l’aumento della speranza di vita avrà un effetto diretto sull’assegno pensionistico. Il concetto di per sé sarebbe intuitivo: più cresce la speranza di vita, minore sarà l’importo dell’assegno perché i contributi versati dovranno essere sufficienti per un maggior numero di anni. E in un paese longevo come l’Italia – dove l’aspettativa di vita per un uomo è 79,7 anni e per una donna di 84,4 -, non è certo un fattore da tenere in scarsa considerazione. Inoltre soltanto 1 italiano su 4 (25,6%) sa che anche il Pil avrà un impatto sull’assegno pensionistico: al diminuire del Pil nazionale, diminuirà l’assegno pensionistico. Soltanto 1 su 5 (20,5%) sa che il tipo di lavoro che svolge, e il relativo regime contributivo, avrà un effetto.
Mercati, allocazione ottimale e previdenza integrativa
Degno di nota, inoltre, è il fatto che solo 1 persona su 3 (30%) ritiene che i mercati siano un alleato importante per fare un piano di previdenza integrativa, tanto più raccomandabile quanto più tempo manca alla pensione. Leggendolo al contrario il dato risulta ancora più allarmante: circa il 70% degli italiani ignora che un investimento sui mercati finanziari può garantire un assegno pensionistico più alto. Neppure i giovani dimostrano maggiore consapevolezza su questo punto e si fermano al 31,4% (18-29 anni) e al 35,3% (30-39 anni).
L’altro nodo da sciogliere per una pianificazione del futuro ottimale riguarda la conoscenza relativa ai fondi pensione e ai piani individuali pensionistici: rispettivamente il 55% e il 52% degli intervistati ignorano che TFR e contributo datoriale sono due strumenti fondamentali a supporto di un piano di previdenza integrativa. C’è un maggiore grado di consapevolezza fra i dipendenti con il 51% che riconosce il valore del TFR e il 61% il contributo del datore di lavoro.
Riscatto di laurea
Tema controverso, inoltre, è quello del riscatto di laurea. 1 su 10 (9,5%) pensa che il riscatto di laurea non anticipi mai il momento della pensione, 1 su 4 (24,3%) pensa, invece, che serva sempre ad anticipare il momento. In sintesi: un terzo dei rispondenti (33,8%) non conosce affatto il potenziale effetto del riscatto di laurea. La verità è che non esiste una regola sempre valida per tutti. Il riscatto di laurea può essere utile per uscire qualche anno prima dal mondo del lavoro, ma ogni caso va ponderato in base a criteri di costi/utilità quanto mai validi come in questa situazione.
Aggiunge Andrea Rocchetti, Head of Investment Advisory Moneyfarm: “Diciamo continuamente ai nostri clienti quanto è importante diversificare gli investimenti anche rispetto al sistema Italia, e questo vale soprattutto per gli investimenti a fini pensionistici. Inoltre, più lungo è l’orizzonte temporale e più si possono sfruttare i benefici offerti dai mercati finanziari, specialmente da quelli azionari, minimizzando i rischi: il fatto che oggi il 72% dei PIP, il prodotto di previdenza integrativa più diffuso tra gli italiani, afferisca al comparto Garantito, dove peraltro le gestioni separate contengono quasi esclusivamente titoli di Stato italiani, non fa che confermare quanto emerge da questo sondaggio sulla scarsa conoscenza dell’importanza del fattore tempo da parte dei risparmiatori e sulla necessità imprescindibile di ricevere una consulenza previdenziale adeguata”.