“Come a dicembre dell’anno scorso, gli Usa hanno concordato di sospendere l’escalation di dazi in cambio della promessa cinese di acquisto di beni agricoli, di misure sulla proprietà intellettuale, sulla valuta e sui servizi finanziari”, spiegano i manager
Per gli economisti la Cina “potrebbe decidere di aver concesso il più possibile e acconsentire a mettere in stallo i negoziati all’avvicinarsi delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti”
“Come a dicembre dell’anno scorso, gli Usa hanno concordato di sospendere l’escalation di dazi in cambio della promessa cinese di acquisto di beni agricoli, di misure sulla proprietà intellettuale, sulla valuta e sui servizi finanziari”, spiegano i manager.
Come si attuerà l’intesa?
“Purtroppo – sottolineano gli economisti – un altro punto in comune con la tregua del 2018 è che niente è stato detto riguardo al meccanismo di attuazione. Si tratta di un elemento significativo, dato che è proprio a tale questione che viene attribuito il merito di aver fatto saltare i colloqui, portando a una re-esclation della trade war lo scorso maggio”.
Per i manager, “dal punto di vista della Cina, questo compromesso non porterà allo scenario ideale di un ritiro totale dei dazi, ma allo stesso tempo non è neanche un accordo costoso. Il Paese ha bisogno di una maggiore offerta di beni alimentari, in seguito all’impennata dell’inflazione dei prezzi di tali prodotti, quindi quanto concordato rappresenta a malapena una concessione”.
“In modo simile, è già in corso un processo di apertura dei mercati finanziari, quindi anche in questo caso non si può parlare di una vera concessione. A parte questo, i cinesi si sono assicurati almeno un paio di mesi di respiro, durante cui non ci sarà un’escalation dei dazi”, aggiungono Botham e Wade.
I prossimi passi
Per Botham e Wade, “sono due gli appuntamenti da guardare con attenzione: il primo è il meeting dell’APEC tra Trump e Xi, data entro cui questo accordo dovrebbe già essere stato scritto e finalizzato ed essere pronto per l’endorsement”.
La seconda data è il 15 dicembre, “quando cade la deadline per l’introduzione di nuovi dazi al 15% su circa 160 miliardi di dollari di beni. Vista la tendenza che questi dialoghi hanno di soccombere quando giunge il momento di assumersi impegni nella fase di scrittura dell’accordo, dubitiamo che questo accordo sopravviverà fino alla fine dell’anno”, continuano.
“Continuiamo ad aspettarci un ritorno dell’escalation dei dazi prima della fine del 2019, anche se è possibile che la deadline per i nuovi dazi venga spostata al primo trimestre dell’anno prossimo”, aggiungono i due economisti.
L’impatto sulla crescita globale
Secondo Botham e Wade, “l’impatto sulla crescita globale di questa prima fase di accordo commerciale tra Usa e Cina sarà limitato. I produttori agricoli statunitensi ne beneficeranno, grazie all’aumento di acquisti di carne di maiale e soia da parte della Cina, ma oltre a ciò l’unica notizia positiva è il fatto che l’aumento dei dazi dal 25% al 30% previsto per questa settimana è stato rimandato”.
Tuttavia, “parlando di imprese – proseguono – l’incertezza persisterà finché i dazi saranno attivi e la minaccia di ulteriori aumenti sarà usata come uno strumento di negoziazione per ottenere un accordo più rilevante sulla proprietà intellettuale”.
La Cina “potrebbe decidere di aver concesso il più possibile e acconsentire a mettere in stallo i negoziati all’avvicinarsi delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Ciò creerebbe un limbo per le società che potrebbe pesare sulle spese in conto capitale, dato che le aziende aspetterebbero di avere maggiore chiarezza prima di impegnarsi in nuove spese. La guerra tecnologica probabilmente continuerà, dato che le preoccupazioni in termini di sicurezza continuano ad essere elevate”, chiariscono Botham e Wade.
Nel frattempo “potremmo anche assistere all’apertura di un nuovo fronte nei mercati dei capitali, con gli Usa che limitano i flussi di capitale con la Cina, applicando restrizioni sulle Ipo o sugli investimenti istituzionali all’estero. Questa ‘fase uno’ dell’accordo rappresenta un passo nella giusta direzione, ma ne saranno necessari molti altri per eliminare la nebbia della guerra commerciale”.