Una definizione di società semplice
Vale la pena prima definire in maniera precisa di cosa stiamo parlando. Innanzitutto, fin dall’atto di costituzione la società semplice prevede un iter molto più snello rispetto alle società di capitali. “La società semplice non richiede per la sua costituzione un capitale minimo come per le società di capitali e può venire a esistenza senza necessità di forme particolari, se non quella della scrittura privata, (anche non autenticata), salvo che per i beni conferiti non sia necessaria la pubblicità nei registri immobiliari”, precisa Frigeri.
Un veicolo a basso costo di gestione
I vantaggi sono diversi: “il primo è sicuramente quello di creare un veicolo a basso costo di gestione che ha una propria autonomia, seppure imperfetta, nel senso che, come in tutte le società di persone, la responsabilità dei soci, ancorché illimitata e solidale, è difficile che si possa generare perché essendo società di mero godimento, non svolgerà attività. D’altronde è pacifico che non possa fallire, come pure di conseguenza non possano fallire i soci in proprio”.
La quota è impignorabile
Il secondo beneficio è che il creditore particolare del socio non potrà pignorare la quota della società. “Come ha chiarito già da diversi anni la Cassazione le quote delle società di persone non possono essere espropriate finché dura la società a beneficio dei creditori particolari dei soci – spiega l’avvocato – ciò significa, che le società semplici proprietarie di immobili di famiglia possono essere una valida alternativa sul piano della protezione alla mera comproprietà di beni immobili intestati a persone fisiche, poiché, in questo caso, i debiti del singolo comproprietario non si possono ripercuotere sull’intero bene, attraverso il pignoramento della quota”.
Uno strumento per pianificare la successione
Ancora, un ulteriore plus sta nella possibilità di pianificare in maniera ottimale la successione, in quanto nelle società di persone vale la regola generale dell’intrasmissibilità della quota. “Lo prescrive l’articolo 2284 del Codice civile, che dispone che in caso di morte non sia possibile il trasferimento iure haereditatis della quota sociale. Gli eredi del socio avranno diritto alla liquidazione del valore della quota, in quanto una volta accettata l’eredità diventeranno creditori della società ma questo, tuttavia, evita che si possano generare comproprietà non gradite, come, per contro, potrebbe accadere in caso di morte di comproprietari”.
Le criticità
Se i vantaggi sono evidenti, non bisogna sottovalutare le criticità. La principale, secondo Frigeri, comune a tutti i conferimenti in società, è la tassazione dell’atto attraverso il quale viene trasferito il bene immobile nel patrimonio della società, assoggettato all’imposta di registro del 9%. “Se questo è un male comune a tutte le operazioni di questo tipo – conclude l’avvocato – tipico di questo strumento è il fatto che in caso di locazione ai canoni/redditi, per quanto siano imputabili per trasparenza ai singoli soci, non si può applicare la cedolare secca. In ogni caso, per riequilibrare gli pseudo svantaggi fiscali, occorre ricordare che nella vendita successiva dei beni dopo i 5 anni, non si genera plusvalenza”.