Nft e tasse, fra collezionista puro e collezionista occasionale
Gli Nft di arte e beni da collezione rientrano nelle “criptoattività” e dunque sono inclusi nella nuova categoria reddituale a loro dedicata tra i “redditi diversi” introdotta dal legislatore con la legge di bilancio 2023, conferma l’Agenzia delle Entrate nella bozza di circolare diffusa nei giorni scorsi. Ne consegue che, in caso di cessione, la differenza tra il corrispettivo percepito e il prezzo di acquisto, e cioè la cosiddetta plusvalenza, deve essere tassata se di importo non inferiore a 2.000 euro. La tassazione avviene con un’imposta sostitutiva del 26%, analogamente ai redditi di natura finanziaria. E questo indipendentemente dal profilo del collezionista, sia egli un “collezionista puro” (che privilegia l’aspetto culturale e artistico), “speculatore occasionale” (e cioè che compia isolate operazioni di acquisto e successiva rivendita al fine di conseguire un profitto) o “mercante” (e cioè che effettuo ravvicinati acquisti e rivendite per realizzare dei ricavi).
In cosa la fiscalità dei token (non) è simile a quella delle plusvalenze dei beni da collezione
Ciò quindi in discontinuità con quanto accade per i beni da collezione materiali/fisici che possono generare plusvalenze tassabili solo per lo “speculatore occasionale” e per il collezionista “mercante” (come ricavi) ma non anche per il collezionista puro in quanto manca in quest’ultimo caso l’intento speculativo. Sotto questo profilo, l’impostazione fiscale contenuta nella bozza di circolare dovrebbe invece essere la medesima di quella applicata per i beni da collezione materiali perché il presupposto è il medesimo. La recente legge delega sulla riforma fiscale approvata dal Consiglio dei ministri lo scorso 16 marzo e ora al vaglio delle Camere contiene tra i principi generali quello di non tassazione dei collezionisti privi di intento speculativo in continuità con l’approccio seguito da giurisprudenza (di recente con l’ordinanza numero 6874 del l’8 marzo 2023 Cass.) e dalla stessa prassi ministeriale. Quindi la circolare nella versione definitiva dovrebbe recepire questa impostazione.
Con riferimento poi alle plusvalenze realizzate dall’autore del bene che è incorporato dall’Nft, continuano a essere tassate come reddito di lavoro autonomo secondo le regole ordinarie previste per i beni materiali (art. 53, comma 2, lett. b, Tuir) a meno che l’attività non sia esercitata occasionalmente, nel qual caso si ricade nell’apposita categoria dei redditi diversi (art. 67, primo comma, lett. l, Tuir).
Non fungible token: in quale quadro della dichiarazione dei redditi vanno indicati?
Gli Nft vanno inoltre indicati nel quadro RW della dichiarazione dei redditi ai fini del monitoraggio fiscale per i collezionisti residenti in Italia o che ne siano i beneficiari effettivi qualora non siano i possessori diretti. Ciò in quanto si tratta di attività suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia. La circolare precisa che tale adempimento si rende necessario “indipendente dalle modalità di conservazione e archiviazione e prescindendo dalla circostanza che le stesse siano detenute in Italia o all’estero” (viene richiamata la relazione illustrativa alla legge di bilancio 2023). Per le omesse compilazioni del quadro RW delle dichiarazioni dei redditi relative al 2021 e alle annualità precedenti ancora accertabili è consentita la regolarizzazione secondo le modalità previste dalla legge di bilancio 2021 ma a condizione che sia possibile dimostrare la liceità della provenienza delle somme utilizzate per l’acquisto dell’Nft con una relazione di accompagnamento e documentazione probatoria da allegare al modello per la regolarizzazione.
Token e Iva
Ai fini Iva, infine, l’assenza di una norma regolatrice porta all’applicazione dell’approccio “look through”, ossia si rende necessaria l’analisi del bene digitale o materiale sottostante al Nft che, previsa l’amministrazione finanziaria, “sono dei certificati digitali che incorporano un diritto su un qualsivoglia asset in un file digitale”. Adottando tale approccio, l’Nft assume la natura di mero veicolo con il quale avviene il trasferimento dei beni e diritti incorporati. Rileva quindi la natura del sottostante. Se quindi il sottostante è un asset digitale si applicano le regole Iva proprie dei servizi elettronici e dunque l’Iva diventa esigibile al momento del pagamento del corrispettivo con aliquota ordinaria per le prestazioni generiche (tranne nel caso in cui la cessione avvenga da parte dell’autore in quanto non rilevante ai fini Iva per carenza del presupposto oggettivo in base all’art. 3, comma 4, lett. a), D.P.R. 633/1972). Se invece il sottostante è un bene materiale si applica la disciplina Iva relativa ai beni mobili e dunque l’esigibilità dell’imposta coincide con il momento della consegna del Nft all’acquirente e quindi all’inserimento nel suo wallet.