In un recente discorso Elvira Nabiullina, governatrice della Banca centrale russa, ha detto che l’economia del suo complicato Paese, malgrado tutto, avanza. La Nabiullina, senza dubbio competente e onesta, ha un compito difficile. Deve dire le cose come stanno, per non compromettere la credibilità della Banca centrale (come dice Iago, nell’Otello di Shakespeare: “Il buon nome, mio caro signore, sia per l’uomo che per la donna, è la gemma più preziosa dell’anima. Se uno mi ruba la borsa, mi ruba una cosa che ha sì un certo valore, ma in fondo senza grande importanza: il denaro era mio, ora è suo, come prima era stato di mille altri. Chi invece ruba il mio buon nome, mi porta via una cosa che non fa ricco lui e impoverisce me”).
Già altre volte la Nabiullina ha rischiato di dire cose che non piacevano a Putin, e anche questa volta ha sottolineato i rischi di un inasprimento delle sanzioni. Più risoluto, il presidente Putin ha dichiarato, in un’altra recente esternazione, che l’economia russa ha retto l’urto della guerra meglio di quanto si stimava. E quanti argomentano che le sanzioni non mordono avranno così più acqua da portare al loro contorto mulino. In un certo senso Putin ha ragione. Ad aprile del 2022, due mesi dopo l’insana invasione dell’Ucraina, il Fondo monetario stimava che il Pil della Russia sarebbe caduto dell’8,5% nel 2022. A luglio la stima era passata al -6%; a ottobre al -3,4%; e le stime più recenti del Fondo (a gennaio 2023) danno un -2,2%.
A sgonfiare l’albagia del presidente russo bisogna tuttavia andare a guardare un’altra previsione: a gennaio 2022 – il mese prima della sciagurata invasione – il Fondo dava, per l’anno appena iniziato, una previsione di crescita, per l’economia russa, del 2,8%. Dal che si evince che oggi il Pil della Russia si trova di 5 punti sotto rispetto al livello atteso. E non è solo questione di quantità; è anche questione di qualità. Questa ultima stima per il 2022 (-2,2%) ha dietro di sé un grosso aumento delle spese militari. Di solito – l’osservazione è cinica ma vera – le guerre fanno bene all’economia (almeno le guerre che non comportano devastazioni del patrio suolo). Questo -2,2% della Russia 2022 si è accompagnato, dunque, a più cannoni e meno burro: i russi se ne accorgeranno…
Per quanto riguarda l’effetto combinato guerra/sanzioni, guardiamo ai due grafici. Il primo mostra le traiettorie del Pil (economie avanzate, economie emergenti e Russia) stimate dal Fondo subito prima dell’invasione. Come si vede, l’economia russa cresceva, per quell’anno e per il successivo, anche se meno degli altri (come si conviene a un’economia che è poco diversificata). Il secondo grafico mostra le ultime stime del Fondo: +2,7% per le economie avanzate, +3,9% per i Paesi emergenti, mentre la Russia è l’unico Paese del mondo che è andato in recessione (-2,2%, come detto). L’impietosa linea verde misura le distanze fra la dinamica dell’economia russa e quella del resto del mondo. E allo stesso tempo misura l’effetto guerra/sanzioni, un effetto che vale parecchi punti di Pil. Continuiamo sulla qualità della recessione russa, in quanto aggravi la quantità. Il conflitto, con il suo carico di morti (che intorbidiscono il tessuto sociale) e con il suo strascico di sanzioni (che vanno a sfilacciare il già fragile tessuto produttivo), è un veleno sottile che va e andrà percolando nel gran corpaccio dell’economia russa e continuerà a minare la performance anche negli anni a venire. Ed è questa la più forte ragione che, prima o dopo, potrà spingere Putin a un negoziato. Diventa sempre più evidente, insomma, che l’invasione russa dell’Ucraina è stata, come avrebbe detto Talleyrand, “peggio di un crimine, un errore”.