L’ ormai prossimo 31 gennaio, ad un anno esatto dall’ufficialità della Brexit, segna il termine ultimo per trovare un accordo tra Regno Unito e Unione Europea
Se alla fine sarà no deal, tenendo conto anche dell’impatto del Covid, il Regno Unito potrebbe dover sopportare un costo pari a 174 miliardi di dollari all’anno
Andamento delle opzioni sul pound e valutazioni del FTSE 100 sono i fattori che portano a dire che il mercato sta già scontando in parte il rischio Brexit
Sarà hard o soft brexit?
Quel dubbio che tiene da anni col fiato sospeso le genti britanniche, nonostante ormai il giorno della verità sia vicino, non è ancora stato sciolto: sarà hard Brexit o soft Brexit? We Wealth lo ha chiesto a Michele Morra, portfolio manager di Moneyfarm. “Raggiungere un accordo commerciale resta complesso, ma nonostante tutte le difficoltà il risultato più probabile è proprio questo, in quanto è nell’interesse economico di entrambe le parti” afferma Morra che però, al contempo, mette in guardia sul fatto che finora questo modo di ragionare non ha aiutato a predire l’evolversi degli eventi.
E se il buon senso dovesse essere sconfessato un ulteriore volta? Si tornerebbe a un commercio caratterizzato da tariffe e quote sotto gli accordi World Trade Organization. “Ciò creerebbe enormi disagi nei porti di Calais e Dover, dove le merci senza appropriata documentazione verrebbero rispedite indietro e numerose filiere del valore, soprattutto per piccole medie-imprese manifatturiere e retailer, rimarrebbero danneggiate. Inoltre, la fornitura di beni alimentari, medicinali e prodotti energetici potrebbe subire un rallentamento dovuta a colli di bottiglia” continua Morra che aggiunge: “gli effetti macro più probabili sono l’aumento della disoccupazione e dei prezzi al dettaglio, senonché un indebolimento della sterlina”.
Covid e l’ipotesi no deal: lo scenario peggiore
Come si traduce tutto questo in numeri, anche alla luce della crisi indotta dal Covid? Se ai danni stimati dovuti all’epidemia si sommano quelli previsti nel caso di una Brexit senza accordo, il quadro non è per niente confortante per il Regno Unito. L’impatto congiunto di Covid e no deal sull’economia inglese è quantificabile in 174 miliardi di dollari all’anno. È quanto stimato dal report “The Future of UK Trade: Merged Realities of Brexit and COVID-19” di Baker McKenzie. Secondo la società statunitense nel lungo periodo il costo dell’epidemia sarà del 2,2% rispetto al Pil, a cui si dovrà aggiungere un ulteriore 3,1%, nel caso di Brexit con accordo, o il 3,9%, se invece non si troverà un’intesa. Tali numeri riflettono un inevitabile indebolimento commerciale. Nello scenario peggiore le esportazioni caleranno del 13,3%. I settori più colpiti saranno quelli dei consumi, le cui esportazioni in caso di no deal si contrarranno del 31,5%, seguito dal settore automobilistico (-20,9%), dall’healthcare (-15,6%) e dal comparto tecnologico (-14,2%).
Ftse 100 a prova di Brexit
Gli effetti sui mercati, almeno nel breve periodo, potrebbero essere più contenuti rispetto a quelli sull’economia. I motivi secondo Morra sono due: i mercati scontano già il rischio Brexit e la popolazione del Ftse 100 è globale più che britannica. “L’incertezza prezzata delle opzioni sul Pound e le valutazioni del Ftse 100, che continua a sottoperformare i mercati globali, indicano che i mercati stanno in parte già scontando il rischio brexit” afferma Morra che conclude: “gli effetti di Brexit sulla borsa di Londra dovrebbero essere contenuti poiché il Ftse 100 è popolato da imprese globali i cui bilanci dovrebbero soffrire meno un deprezzamento del pound, che invece affosserebbe le piccole medie imprese e le imprese manifatturiere maggiormente dipendenti da domanda interna e sensibili ad aumento dei dazi e dei prezzi all’importazione”.