Dopo l’Acqua Granda del 1966 che aveva azzerato la produzione di vino nella laguna di Venezia, col nuovo millennio si è mosso qualcosa. Gli eventi sono due. Nel 2000 l’uomo d’affari francese Michel Thoulouze si innamora dell’isola di Sant’Erasmo e porta avanti un progetto per la produzione di un vino bianco, Orto di Venezia, che ha visto la luce nel 2006. Nel 2002 Gianluca Bisol, avvia un’operazione di recupero del vitigno tradizionalmente coltivato nella laguna, la dorona veneziana, nel 2010 inizia la produzione del Venissa. Ma andiamo per gradi.
Pochi sanno che Venezia vantava una tradizione vitivinicola millenaria. Le isole della laguna hanno da sempre ospitato vigneti. I “campi” a Venezia si chiamano così proprio perché nei tempi più antichi tali spazi erano dei veri e propri prati adibiti a pascolo o coltivati a orto e frutteto. Anche piazza San Marco fino al 1100 era un luogo con pascoli e orti. Coi secoli nei sei sestieri del nucleo centrale della laguna si è sviluppata la città di Venezia con i suoi palazzi, la nobiltà, le zone residenziali, il commercio e la cultura, mentre le isole limitrofe hanno dato vita a una loro identità settoriale. A Murano ha preso forma l’industria del vetro e nella cosiddetta Venezia Nativa, a Burano le attività principali sono diventate la pesca e l’industria dei merletti e a Torcello e Mazzorbo, così come in altre isole della laguna, l’agricoltura.
E con l’agricoltura hanno prosperato anche la coltivazione della vite e la produzione di vino. Almeno fino al novembre 1966 quando ci fu una devastante acqua alta, nota come Aqua Granda. Per due giorni la laguna rimase completamente sommersa: l’acqua salata bruciò gran parte delle piante e la tradizione agricola andò quasi definitivamente perduta tanto che per oltre 40 anni non si è più prodotto vino in laguna.
Nel 2002, Gianluca Bisol, nell’isola di Torcello, di fronte alla basilica di Santa Maria Assunta, la più antica Chiesa di Venezia, nota un piccolo vigneto. Apprende e studia la grande tradizione vitivinicola delle isole di Venezia e comincia a immaginare di ricominciare la produzione di un vino veneziano. Dagli studi effettuati, scopre che è la dorona di Venezia, il vitigno che nel corso dei secoli si è meglio adattato alle condizioni di salinità tipiche della laguna. La dorona è un’uva della famiglia del trebbiano e della garganega, molto vigorosa, e capace di resistere alle condizioni estreme imposte dalla laguna.
Giusto per dare un parametro, solitamente l’indice di salinità consigliato per un terreno dedicato a uva da vino è tra le 50 e le 100 parti di sodio per milione: in laguna si arriva a 500. Da uomo del vino Gianluca scova le ultime poche piante sopravvissute alla grande acqua alta e comincia con il suo team di esperti a sperimentare le prime vinificazioni. Nel 2006 i Bisol individuano a Mezzorbo un luogo che dal 1300 era a destinazione agricola e dal 1800 ospitava una famiglia di produttori di vino. Una tenuta, che originariamente era un convento, con un “brolo” all’interno, con orto, giardino, frutteti e vigneto, dotata di peschiera, fondamentale per regolare il flusso dell’acqua. Si tratta di una tenuta che come tutti i terreni agricoli della zona è “baulata”, nel senso che comprende un sistema di zone più basse che confluiscono in un canale che porta l’acqua verso l’esterno, perché è molto importante che quando arriva l’acqua alta o piove, l’acqua non ristagni.
È questo il luogo prescelto per reimpiantare un vigneto di dorona veneziana di 0,8 ettari. Importante anche l’incontro con Gastone Vio, un contadino di Sant’Erasmo che aveva continuato a produrre una piccola quantità di vino, usando il metodo di produzione tradizionale basato su lunghe macerazioni sulle bucce anche delle uve a bacca bianca. A Venezia infatti, per ovvie ragioni non si può costruire una cantina sotterranea per cercare di gestire la temperatura.
Per rendere il vino più forte e più resistente la macerazione era una delle poche strade percorribili oltre a garantire alla dorona un grande potenziale di invecchiamento come confermato dall’assaggio di bottiglie vecchie di 30 anni prodotte da Gastone ancora in ottime condizioni. E così avvalendosi della consulenza enologica di Roberto Cipresso, Gianluca decide di seguire la strada della macerazione sulle bucce. E con l’annata 2010, la prima vendemmia in commercio, nasce Venissa, un vino bianco vinificato come un vino rosso.
La bottiglia, nel formato inconsueto da mezzo litro, ha una forma molto riconoscibile e manco a dirlo è fatta a Murano, contraddistinta da una foglia d’oro battuta a mano fusa nel vetro. Vengono prodotte poco più di 3500 bottiglie l’anno. Il disegno della foglia cambia con l’annata.
Le bottiglie di Venissa sono contraddistinte da una foglia d’oro battuta a mano fusa nel vetro
Si tratta di un vino di carattere, in cui ricorrono nelle varie annate il colore dorato carico, note salmastre, di pesca e di erbe officinali e un sorso caratterizzato da una sempre presente salinità e lunga persistenza aromatica. Considerando rarità, qualità, esclusività e capacità di invecchiamento non stupisce che a oggi Venissa sia uno dei vini bianchi più ricercati al mondo dai collezionisti.
Il progetto Venissa, affidato in gestione al figlio di Gianluca, Matteo, non finisce qui perché nel 2011 nasce anche il Rosso Venissa, prodotto da una vigna di Merlot e Cabernet Sauvignon nella vicina isola di Santa Cristina e dallo stesso vigneto con l’annata 2013 nasce anche il Rosso Venusa.
A Mazzorbo, nella tenuta recuperata, sono presenti anche il ristorante Venissa (una stella Michelin), con i talentuosissimi giovani chef Chiara Pavan e Francesco Brutto, l’Osteria Contemporanea che propone i piatti della tradizione lagunare, e le camere del wine resort che offre agli ospiti cinque eleganti camere. Nel 2019 Venissa è stata premiata da Condé Nast Johansens come “Best Hotel for Sustainability in Europe”. Venissa che nel 2020 ha visto entrare nella compagine societaria la famiglia trevigiana Pagnan, con radicati interessi nel mondo agroalimentare, punta al recupero di altre vigne in laguna e alla creazione di una nuova cantina oltre a consolidarsi come hub di punta per il turismo di eco-lusso nella laguna di Venezia.
Uno scorcio dell’Isola di Sant’Erasmo, dove si produce il vino veneziano Venissa
Dopo l’Acqua Granda del 1966 che aveva azzerato la produzione di vino nella laguna di Venezia, col nuovo millennio si è mosso qualcosa. Gli eventi sono due. Nel 2000 l’uomo d’affari francese Michel Thoulouze si innamora dell’isola di Sant’Erasmo e porta avanti un progetto per la produzione di un vin…