Secondo questo campione, che in prima battuta ha potuto scegliere fra quattro opzioni, la caratteristica più importante di un piano di previdenza integrativo è il “costo basso”, seguito da “alto rendimento”, e “agevolazioni fiscali” (queste ultime in cima alle preferenze dei 51-64enni). In una più libera indicazione delle priorità, è però la “trasparenza nelle condizioni, nei costi, nei rendimenti, nel sottostante”, la caratteristica più ricercata – con il 70% degli intervistati che vi attribuiscono 7 punti su 7 in ordine di importanza.
“In cima alla classifica dei 38 elementi che bloccano l’attivazione di un piano pensionistico”, si legge in un comunicato che riassume i risultati dell’indagine, “ci sono la ‘molteplicità delle variabili che rende oggettivamente difficile fare stime precise su tempi, importi e impatti futuri‘ (il 59% dei rispondenti ha assegnato a questa voce un punteggio pari o superiore a 5 su una scala da 1 a 7), il ‘Timore che ci siano costi nascosti‘ (il 49% dei rispondenti ha assegnato a questa voce un punteggio pari o superiore a 5 su una scala da 1 a 7) e, più in generale, la ‘Scarsa conoscenza sul funzionamento della previdenza complementare‘ (il 45% dei rispondenti ha assegnato a questa voce un punteggio pari o superiore a 5 su una scala da 1 a 7)”.
Per chiarire tutti questi dubbi il consulente finanziario può esercitare un ruolo importante, cui gli investitori attribuiscono una certa importanza. Infatti, dopo la già citata “trasparenza” la seconda caratteristica più ricercata fra le caratteristiche del prodotto previdenziale ideale è “l’affidabilità del consulente”: il 61% dei rispondenti le ha assegnato infatti un punteggio di 7 su 7 e l’87% un punteggio pari o superiore a 6 su 7.
Il problema sembra, dunque, più di conoscenza che di apertura alla previdenza integrativa in quanto tale, visto che nove intervistati su dieci afferma di avere “una certa fiducia” in questo strumento di pianificazione finanziaria. Non può dirsi la stessa cosa sulle prospettive di un pensionamento solamente legato ai contributi obbligatori: il 76% ha assegnato alla voce “Perché mi basterà la pensione INPS” un punteggio pari o inferiore a 3 su una scala da 1 a 7 – dimostrando una scarsa propensione ad affidarsi solo alla pensione pubblica. Scarso consenso hanno riscosso anche le affermazioni: non ho aderito alla previdenza integrativa “perché l’INPS è affidabile e fino ad ora ha funzionato” e “perché sono un’idealista e vorrei che lo Stato se ne prendesse carico”.
In aggiunta alla “trasparenza” anche la facilità di uso e di monitoraggio dei risultati del proprio piano previdenziale sembra avere una sua rilevanza per gli investitori: il 51% degli intervistati attribuisce il massimo del punteggio al “monitoraggio semplice e online dell’investimento”, percentuale che sale al 55% tra gli under 35 e al 64% tra le donne.
La previdenza complementare “non è ancora adeguatamente sviluppata nel nostro Paese e, proprio per questo, il margine di miglioramento è notevole”, ha dichiarato Andrea Rocchetti, Head of Investment Advisory di Moneyfarm, “fondamentale focalizzarsi sui giovani, che devono andare a integrare fin da oggi un assegno pensionistico pubblico che sarà inesorabilmente esiguo per non trovarsi costretti a rivedere significativamente il proprio stile di vita in pensione”.