Chi ha acquistato titoli di stato italiani – dice Conte – specialmente ora che l’Europa ha posto sotto la lente i conti pubblici nazionali, è esposto a un rischio non indifferente di correzioni al ribasso del prezzo di mercato.
La tecnologia, per quanto sofisticata, non può da sola servire al meglio i bisogni e le esigenze dei risparmiatori, che necessitano di una comprensione anche sul piano emotivo e richiedono soluzioni più complesse di meri problemi di matematica finanziaria
Da una parte c’è il Super Btp, capace di esercitare un’irresistibile forza di attrazione verso gli investitori al dettaglio, distraendo ampie risorse dal risparmio gestito. Dall’altro la Retail Investment Strategy, che – scongiurato il temutissimo divieto categorico alla retrocessioni – scava comunque sotto traccia, inducendo alcuni player a esaminare forme di pricing alternative per la consulenza finanziaria. E a tendere, sulla lunga distanza, le tecnologie “intelligenti”, che incarnano una minaccia latente per molti professionisti (dai notai, ai giornalisti…). Senza escludere chi si occupa di gestione di portafoglio. Tre sfide, su orizzonti di breve, medio e lungo termine, che forse disturbano il sonno di qualche banker. We Wealth ne ha parlato con Luigi Conte, presidente di Anasf.
Partiamo dalla “minaccia” più imminente, quella dei nostri titoli di stato.
La fortuna che stanno avendo le recenti emissioni governative tra la clientela retail è legata alla diffusa convinzione che il titolo di stato sia un asset sicuro e alle misure volte a renderlo più “appetibile”, dalla tassazione agevolata, al premio fedeltà, fino alla recente esclusione dal calcolo dell’Isee). Ma questo non deve sviarci”, avverte Conte: “consultare un professionista per una costruzione ottimale di un portafoglio adeguatamente diversificato è il modo migliore di investire i propri risparmi, perché ci permette di difenderci dal rischio “idiosincratico” (quello connesso al singolo titolo). Chi ha acquistato titoli di stato italiani, specialmente ora che l’Europa ha posto sotto la lente i conti pubblici nazionali, è esposto a un rischio non indifferente di correzioni al ribasso del prezzo di mercato, anche nel caso in cui sia convinto di portare i titoli fino alla naturale scadenza.
Intanto, il dibattito sulla Retail Investment Strategy, sembra sopito. Benché le proposte della Commissione intervengano su temi spinosi, come l’introduzione di benchmark (di rendimento e di costo) sui prodotti finanziari….
Con la Retail Investment Strategy si sta andando nella giusta direzione, prevedendo regole comuni tra settore assicurativo e finanziario, aumentando la trasparenza e standardizzando il più possibile l’informativa relativa ai prodotti, promuovendo l’educazione finanziaria. In particolare, la stretta sulle politiche di marketing e sul ruolo di influencer e social media garantirà un maggior grado di protezione per l’investitore, premiando i professionisti che svolgono la propria attività con competenza e serietà. Va però segnalato che imporre un allineamento a dei benchmark senza tenere in considerazione l’asset allocation e l’ottica di portafoglio dei consulenti finanziari annullerebbe ogni forma di innovazione dei prodotti e limiterebbe la concorrenza tra intermediari.
C’è poi l’ombra dell’intelligenza artificiale: negli Stati Uniti la Sec ha autorizzato il primo servizio di consulenza finanziaria basato su AI…
L’intelligenza artificiale sarà determinate nel prossimo futuro, tant’è vero che OpenAI – la società che ha sviluppato la fortunata chatbot ChatGpt – di recente è stata valutata circa 86 miliardi di dollari. Una cifra enorme. Ciononostante, i risultati di una ricerca condotta proprio da We Wealth mostrano come chatbot basati su tecnologie di AI generativa come lo stesso ChatGpt o Bard (la chatbot sviluppato da Google), a cui vengono poste cinque domande specifiche relative alla pianificazione finanziaria, commettono errori abbastanza evidenti nelle risposte e suggeriscono di consultare un consulente finanziario in carne e ossa per soddisfare bisogni specifici. Questi ritrovati della tecnologia, per quanto sofisticati siano, non possono da soli servire al meglio i bisogni e le esigenze dei risparmiatori, che necessitano di una comprensione anche sul piano emotivo e richiedono soluzioni più complesse di meri problemi di matematica finanziaria. In definitiva: l’apporto “umano” che può dare il consulente è insostituibile, ma la tecnologia può risultare (e lo sarà sempre di più nel futuro) un utile complemento a supporto delle scelte di pianificazione finanziaria e composizione del portafoglio del cliente.
Articolo tratto dal n° di novembre di We Wealth. Abbonati subito qui per leggere ogni mese il tuo Magazine in formato cartaceo o digitale.