Un’introduzione agli Exchange traded fund
Un Etf (exchange traded fund, fondo scambiato sui mercati regolamentati) non è che un fondo di investimento. Può trattarsi di fondo aperto, oppure di una Sicav (società di investimento a capitale variabile). È utile ricordare che un fondo è un organismo patrimonialmente autonomo, suddiviso in quote; se è «aperto» vi si può accedere e uscire quando si vuole (nei fondi chiusi il numero di quote di partecipazione è fisso, e i riscatti avvengono in date predeterminate). Una Sicav è invece una società per azioni con oggetto esclusivo l’investimento collettivo del patrimonio raccolto.
I soldi che i risparmiatori versano in un Etf non servono ad acquistare titoli, ma a replicarne l’andamento sulla base dell’indice di riferimento (il cosiddetto benchmark). Un indice può sintetizzare l’andamento di titoli collegati a: particolari aree geografiche, capitalizzazione, analisi di bilancio, settori industriali, temi di investimento, produzione o utilizzo (materie prime), duration/vita residua/rating (titoli obbligazionari).
Origini e successo dei fondi indicizzati
Gli Etf sono infatti detti anche fondi indicizzati: il loro obiettivo è quello di seguire fedelmente l’andamento di un mercato, che si tratti di azioni, obbligazioni, strategie (short, leverage long e short, buywrite, protective put) o materie prime (in tal caso si parla di Etc, exchange traded commodity: energetiche, come il petrolio o il gas naturale; non energetiche, come i metalli preziosi o le terre rare, per esempio). Questa caratteristica permette agli Etf di funzionare da soli, vale a dire senza la necessità costante di un gestore che negozi i titoli in essi contenuti. Gli Etf sono perciò detti strumenti a “gestione passiva”. Ciò consente a questi prodotti finanziari di avere commissioni molto basse rispetto a quelle dei gestori attivi, impegnati di continuo nell’allocazione e nel bilanciamento dei titoli. A differenza degli altri fondi, gli Etf non prevedono commissioni di entrata, di uscita, di performance.
Come tutti i fondi quotati, gli Etf vengono negoziati in Borsa. Il mercato regolamentato che in Italia è dedicato a questi strumenti è ETFplus di Borsa Italiana. È bene sottolineare ancora una volta che un investitore in Etf non possiede i titoli di cui il fondo “copia” l’andamento.
Gli exchange traded fund nascono negli Usa all’inizio degli anni novanta del XX secolo. In Italia arrivano nel 2002. Da allora hanno goduto di un successo crescente, che non accenna a diminuire. Anzi. La gestione passiva ha battuto quella attiva. Vi è sia un incremento dei volumi degli scambi che delle masse in gestione, nonché del numero sempre più elevato di Etf negoziati sui mercati.
Perché investire in Etf
Quali sono le ragioni del loro successo? Gli Etf sono…
Semplici. Il loro obiettivo è solo quello di replicare la performance dell’indice di riferimento (es. Ftse Mib, S&P500, Dax, China, Mercati Emergenti…). Grazie alla negoziazione in tempo reale in Borsa, gli Etf possono essere acquistati e venduti come se fossero delle azioni, tramite la propria banca o il proprio broker.
Liquidi e flessibili. Grazie alla quotazione in Borsa in tempo reale, si può rapidamente investire e disinvestire in Etf. Gli Etf permettono cioè di graduare in funzione dei propri obiettivi l’orizzonte temporale dell’investimento. Si andare dal brevissimo al medio/lungo termine, per esempio per gli investimenti effettuati a fini previdenziali. Inoltre, il lotto minimo di negoziazione è pari ad una sola quota. È quindi possibile investire sugli indici di tutto il mondo anche in proporzione molto ridotta. Gli Etf non scadono.
Costano poco. Questi strumenti non necessitano di team di analisti per la loro gestione, quindi i loro costi sono molto ridotti. Per tal motivo garantiscono agli investitori accesso a mercati e a strategie di investimento altrimenti difficilmente raggiungibili (a parità di costo). È per esempio possibile accedere con un taglio di investimento contenuto al mercato cinese o a quello indiano, altrimenti accessibili ai soli capitali di una certa consistenza.
Si abbatte il rischio dell’emittente. L’Etf è un fondo il cui patrimonio è per legge di proprietà dei soli possessori delle sue quote. Perciò, anche nell’ipotesi di insolvenza delle società che si occupano della gestione, amministrazione e promozione del fondo, il patrimonio dell’Etf non verrebbe intaccato.
In che modo un Etf replica il mercato di riferimento?
Esistono vari tipi di replica. Ecco le due tipologie principali.
La replica fisica completa (full replication). Consiste nell’acquisto di tutti i titoli inclusi nell’indice benchmark in proporzione pari ai pesi che essi hanno nell’indice. In tal modo la performance del fondo è sempre allineata a quella del benchmark. I titoli sono detenuti presso una banca depositaria e sono di proprietà dell’Etf. Il possessore non sopporta nessun rischio controparte. Il gestore dell’Etf, una volta costituito il portafoglio iniziale, dovrà solamente compiere operazioni che consentono di mantenere invariati tali pesi in occasione dei ribilanciamenti dell’indice. Questo tipo di replica si adatta meglio a indici con un numero non troppo elevato di titoli liquidi (es. Dax, FTSEMib, Eurostoxx 50). La replica fisica completa richiede infatti che il gestore effettui ribilanciamenti periodici dovuti all’uscita dall’indice di titoli che non abbiano più i requisiti di permanenza, all’entrata di nuovi, nonché al pagamento di dividendi, ecc.
La replica fisica a campionamento (sampling). Consiste nell’acquisto di un campione di titoli che creino un portafoglio sufficientemente simile a quello del benchmark, ma con un numero di componenti inferiore. Questa tecnica si basa sul presupposto che, se è possibile individuare le principali determinanti che spiegano il rendimento dell’indice (come il settore e la dimensione), allora replicandole nell’Etf si dovrebbero ottenere rendimenti in linea con quelli del benchmark. Si utilizza questa metodologia perché il minor numero di titoli presenti nell’Etf riduce i costi di transazione rispetto alla replica completa.