Pensiamo al nome di Socrate, ad esempio. Gli studenti del Ginnasio storceranno il naso, disgustati dalla difficoltà di traduzione dei suoi testi. Eppure il pensiero dell’ateniese vissuto nel IV secolo A.C. offre un validissimo aiuto anche ai manager di oggi.
In particolare, la maieutica socratica ci viene in soccorso per gestione la comunicazione in tutte quelle occasioni in cui vogliamo portare il nostro interlocutore (collaboratore ma anche amico, partner o figlio) a ragionare su un tema, un argomento, un problema, un approccio operativo, la risoluzione di un conflitto e qualsivoglia ragionamento, fino a trovarne la soluzione migliore.
La maieutica è – in accordo con l’etimologia del termine greco – “l’arte di far partorire la verità”. È un metodo dialogico con cui si porta una persona a giungere a una verità in maniera autentica. Per spiegare come funziona esattamente, non c’è niente di meglio che narrare la storiella con cui Platone, allievo di Socrate, racconta il metodo.
Un giorno, un conoscente di Socrate lo avvicinò e gli disse: – Sai cosa ho sentito a proposito di quel tuo amico?
– Aspetta un attimo, – lo interruppe Socrate. – Prima di dirmelo, vorrei ti sottoponessi ad un piccolo test che ho chiamato il test del triplo filtro.
– Triplo filtro?
– Proprio cosi, – continuò Socrate. – Prima che tu mi parli del mio amico, potrebbe essere una buona idea filtrare quello che mi dirai. Perciò lo chiamo il test del triplo filtro.
Il primo filtro è la verità. Sei assolutamente sicuro che quello che stai per dirmi è vero?
– No, – disse l’uomo. – Veramente ne ho solo sentito parlare e…
– Bene, – disse Socrate. – Perciò non sai se è proprio la verità o no. Ora passiamo al secondo filtro, il filtro della virtù. È qualcosa di buono che stai per dirmi a riguardo del mio amico?
– No, al contrario…
– Bene, – continuò Socrate. – Vuoi dirmi qualcosa di negativo su di lui, ma non sai se è proprio vero. Devi comunque sottoporti all’ultimo filtro, quello dell’utilità. Quello che stai per dirmi a proposito del mio amico potrebbe essermi utile?
– Beh, non realmente…
– Ora, – concluse Socrate – se vuoi dirmi qualcosa che non è vero, né buono e neppure utile, perché farlo?
All’interno di questo dialogo ci sono 4 domande che hanno consentito a Socrate di portare l’interlocutore a ragionare su un determinato tema, analizzarlo in tutte le sue sfaccettature, fino ad arrivare a capire ciò che davvero conta.
Nel caso dell’esempio, il tema era molto semplice (un “sentito dire riguardo a un amico”),
Nella vita reale l’approccio maieutico, fatto di domande e risposte, spinge l’interlocutore a cercare la verità dentro di sé. Può essere utilizzato per gestire molte situazioni: dai conflitti alle problematiche, ma anche la ricerca di soluzioni o alla valutazione del miglior approccio operativo o gestionale.
Le domande sono il punto di partenza per scavare in profondità e giungere a conclusioni attente e analitiche.
Le domande, inoltre, invitano la persona che deve rispondere a esercitare un ruolo attivo, la stimolano a ragionare su aspetti che magari avrebbe tralasciato, ne aumentano la consapevolezza e la rendono il più autonoma possibile.
E questo anche per un motivo neurologico: il cervello umano, di fronte a una domanda, si attiva finché non vi trova risposta. Un dialogo costituito di domande e risposte come quello proposto dalla maieutica di Socrate è quindi la miglior strategia per aiutare qualcuno a riflettere rendendolo al tempo stesso il più libero possibile. Che sia un collaboratore da gestire, un figlio a cui insegnare qualcosa di nuovo, o un amico che ci chiede aiuto.
Immaginiamo un collaboratore che debba scegliere una priorità: chiamare prima un fornitore o compilare prima un preventivo da spedire via mail?
Il collaboratore in questione si rivolge al suo manager responsabile e gli chiede cosa fare per primo.
Il manager potrebbe dare lui stesso la risposta: – Chiama prima il fornitore!
Oppure potrebbe approcciare il collaboratore con una serie di domande che lo stimolino a trovare da sé la risposta e soprattutto che lo educhino a un modo di pensare che lo renderà autonomo anche quando in futuro si ripresenteranno altre situazioni in cui bisogna decidere le priorità.
Il manager potrebbe condurre in questo modo il dialogo: – In quali orari il fornitore è rintracciabile?
Collaboratore: – Solo dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 18.
Manager: – Mentre la mail la puoi scrivere in qualsiasi momento, giusto?
Collaboratore: – Esatto.
Manager: – Entro quando ci serve la fornitura di cui abbiamo bisogno?
Collaboratore: – Entro venerdì.
Manager: – Benissimo. E il preventivo deve essere inviato entro quando?
Collaboratore: – Non abbiamo dato al cliente una tempistica.
Con poche domande, il collaboratore ha chiare le priorità. Non solo: il processo dialogico lo ha portato a comprendere la situazione nel dettaglio; non ha avuto l’impressione di ricevere un comando dall’alto ma si è sentito parte attiva e operativa della sua azienda. Di più: ora il collaboratore ha imparato a farsi le domande giuste per valutare le priorità dei compiti futuri, rendendosi autonomo dal capo.