Partiamo dal contesto: cosa la pandemia ha cambiato per sempre e quali trend ancora sottotraccia dobbiamo aspettarci emergano nei prossimi mesi?
Da un anno e mezzo la pandemia ci ha portato un cambiamento epocale sia sul fronte sanitario sia dal punto di vista economico. Gli investitori hanno mutato il loro appetito per il rischio, le proprie abitudini e priorità. È anche vero che le cose sono andate avanti da allora, vuoi per la campagna vaccinale, vuoi per il Pnrr: è un fatto che oggi ci siano prospettive migliori per l’Italia rispetto allo scorso anno. E questo si riflette ancora una volta nella visione degli investitori. Secondo la nostra Investor Sentiment Survey emerge chiaramente che l’ottimismo per l’economia italiana è in crescita: l’89% degli investitori italiani si dichiara fiducioso, solo tre mesi fa il dato era delll’83%. Ed è un incremento importante per un paese non abituato all’ottimismo.
Avete rimodellato in qualche misura il business in conseguenza di questo cambiamento epocale?
Ubs GWM ha agito secondo tre direttrici: proattività, copertura completa dei bisogni, soluzioni su misura. Proattività, perché le crisi corrispondono a opportunità, ma siamo convinti anche che nel mare in tempesta i clienti abbiano maggior bisogno di assistenza. Noi abbiamo aumentato gli sforzi, tenendo un rapporto costante con la clientela, incrementando la produzione di contenuti per capire insieme cosa stesse accadendo e interpretare la situazione per limitare i danni. Siamo inoltre convinti che la gestione del patrimonio non basti più, perché non è l’unica dimensione in cui il cliente manifesta il bisogno e a maggior ragione quando si parla di imprenditori. Accanto al patrimonio vanno di pari passo impresa e famiglia. Pertanto è la gestione del total wealth che fa la differenza. Perché fa sì che ci poniamo non come gestori ma come compagni di viaggio. E in quanto compagni di viaggio siamo non collocatori di prodotti, ma consulenti di scelte e soluzioni su misura.
Questo approccio è il vostro tratto peculiare e ciò che vi differenzia nel mercato sul piano dell’offerta al cliente wealth: ci racconta in dettaglio perché?
Abbiamo ovviamente una serie completa di soluzioni e prodotti a scaffale: ma sono solo l’ultimo tassello a cui si arriva dopo aver analizzato per ciascun cliente la situazione familiare, imprenditoriale e le aspettative future. Questa è la stoffa con cui facciamo l’abito su misura: un approccio che ci fa ereditare come clienti i figli di clienti storici, perché avere Ubs al proprio fianco diventa un tema di famiglia. Più in dettaglio il nostro approccio si chiama wealth way e si compone di tre dimensioni sulla sola parte del patrimonio: liquidity, longevity e legacy. Immaginiamoli come i titoli di altrettanti portafogli: uno contenente soluzioni per sostenere lo stile di vita da uno a tre anni, tenendo conto dei bisogni di spesa attuali e del rischio, spesso in Italia sottostimato, vista la sproporzione di liquidità sui conti, che abbassa il rendimento medio. Per la parte di longevity dobbiamo invece stabilire la quota da conservare per gli anni non produttivi, con una attenta pianificazione su un orizzonte decennale. La terza dimensione è quella che riguarda la porzione di ricchezza che si gestisce in un certo senso al di là dei bisogni personali, per le generazioni future: quella porzione che sopravviverà al cliente e rispetto a cui bisogna agire con lucidità, mentre spesso viene tralasciata per questioni scaramantiche. Dobbiamo capire cosa facciamo oggi perché il patrimonio arrivi nella forma più utile a servire l’obiettivo principe, che è la serenità della famiglia. Solo dopo aver tracciato la wealth way, iniziamo a parlare di prodotto.
E sui prodotti avete un forte focus sulla sostenibilità. È anche una strada per arrivare alla clientela Millennial e Gen Z sempre più rilevante?
Abbiamo maturato una leadership su investimenti sostenibili e private markets, due temi portanti in questi anni. E sempre più combinati. Avendo l’ambizione di essere quelli che servono i genitori ma anche i figli, abbiamo tutta una serie di temi a prova di futuro, temi che le generazioni più giovani sentono con maggiore forza, e la sostenibilità è tra questi. A nostro avviso è un trend da cui non si torna indietro, basti pensare che la Banca d’Italia ci ha investito tutte le sue riserve e il Pnnr vincola il 40% degli investimenti alla sostenibilità. Insomma, è destinata a diventare la nuova normalità nel mondo degli investimenti. Sempre stando al nostro Investor Sentiment Survey non solo il 38% degli investitori italiani dichiara di voler modificare il proprio portafoglio aggiungendo una componente di investimenti sostenibili, ma anche gli imprenditori vedono una serie di potenziali benefici nella sostenibilità nei prossimi tre anni. Il 61% crede che la sostenibilità possa generare più entrate, il 52% che possa migliorare le relazioni con i clienti e il 54% che potrebbe fare lo stesso nei rapporti con i dipendenti.
Noi siamo stati una delle prima banche globali a realizzare l’importanza degli investimenti sostenibili, mettendoli da subito al centro per i nostri clienti: perché si tratta di strumenti in grado di coniugare un impatto positivo nel mondo con ritorni finanziari spesso migliori degli approcci tradizionali. Ma anche perché pensiamo che sia nostro compito contribuire a cambiare per il meglio: per questo nel 2017 abbiamo annunciato l’intenzione di raccogliere investimenti dai nostri clienti per 5 miliardi di dollari Usa nei cinque anni seguenti finalizzati al raggiungimento dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu.
Sul fronte invece della strategia industriale di Ubs Global Wealth Management, cosa prevedete a livello di sviluppo sul piano territoriale e tecnologico?
Il territorio è per noi un elemento focale: abbiamo dieci filiali nelle principali città italiane (Milano, Bologna, Modena, Brescia, Torino, Padova, Treviso, Firenze, Napoli e Roma), che sono i nostri avamposti per addentrarci nelle dinamiche locali, la storia del Nord Est non è quella del Centro Sud. È una chiara scelta industriale. A giugno la struttura è stata riorganizzata e in parte semplificata con la creazione di cinque nuove aree territoriali – Lombardia Est, Centro Nord, Centro Sud, Nord Ovest e Nord Est – e un’area dedicata alla clientela Uhnw. Rosario Sciacca coordinerà le cinque aree territoriali e ha ampliato la sua responsabilità nel ruolo di region head, assumendo, in aggiunta a quello delle filiali, anche il coordinamento dell’area di Milano. Domenico Capone è stato invece nominato area head per la clientela Uhnw. È un forte investimento sul mercato italiano che ci consentirà di essere più efficaci e soprattutto ancor più vicini ai clienti e al tessuto imprenditoriale. In questo quadro di riorganizzazione territoriale anche la tecnologia ha svolto un ruolo chiave oltre che nell’implementazione della struttura stessa anche per rendere sempre più efficiente il servizio offerto alla clientela.
La tecnologia è probabilmente insieme alla sostenibilità l’altro mega trend destinato a permeare la nuova organizzazione della società, oltre che dell’economia e della finanza. Voi come vi siete posizionati al riguardo?
Mentre la scelta più semplice – ma meno lungimirante – per proteggere i margini in un contesto di ricavi in calo sarebbe stata quella di tirare i remi in barca, noi abbiamo deciso di investire 50 milioni di dollari in tecnologia solo in Italia: è una cifra con cui oggi si compra una piccola banca. Ma che noi abbiamo usato per una nuova piattaforma tecnologica proprietaria – indispensabile per fare innovazione – e per raggiungere il 95% di penetrazione di clienti con e-banking. Da sempre siamo pionieri anche sul fronte digitale, tanto che tutti i banker dal giorno zero della pandemia hanno potuto operare con laptop e videocall. Me nel 2020 abbiamo voluto accelerare per lanciare un messaggio di crescita in termini dimensionali sicuramente, ma soprattutto in qualità. Stiamo investendo per essere leader nei prossimi dieci anni, in una piattaforma tecnologia proprietaria, nella riorganizzazione e nel talento. Che è un altro elemento che ci caratterizza: ogni banker assunto da noi deve fare almeno 20-30 corsi prima di poter andare a visitare un cliente. Abbiamo un Wm diploma, una sorta di laurea interna targata Ubs che ci rende l’Accademia del wealth management per eccellenza. L’assunzione per noi è un inizio. Come il 2020: il punto di inizio di una nuova era per noi e per l’industria del wealth management.
(Articolo pubblicato su Wealth Magazine, numero di settembre 2021)