La legge di Bilancio 2023, attualmente in discussione, introduce un nuovo regime di tassazione delle plusvalenze sulle partecipazioni detenute direttamente o indirettamente in società immobiliari, il cui valore è costituito principalmente da immobili situati nel territorio italiano.
La norma in questione prevede un’importante novità che impatterà in maniera rilevante sugli investitori attivi nel mercato immobiliare.
Ponendo lo sguardo all’attuale normativa italiana, l’art. 23 Tuir dispone la tassazione delle plusvalenze conseguite da soggetti non risedenti in ragione (i) della cessione di immobili presenti sul territorio italiano oppure (ii) della cessione delle partecipazioni in società residenti in Italia, senza in quest’ultimo caso distinguere tra società immobiliari e non.
La norma introdotta dalla finanziaria, invece, prevede che le plusvalenze realizzate mediante la cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società ed enti non residenti il cui valore, per più della metà, deriva, in qualsiasi momento nel corso dei trecentosessantacinque giorni che precedono la loro cessione, direttamente o indirettamente, da beni immobili situati in Italia si considerano prodotti nel territorio dello Stato.
La modifica normativa, dunque, aggiunge alle ipotesi già previste ai sensi dell’art. 23 Tuir un ulteriore scenario di cessione indiretta di immobili siti in Italia, ossia attrae alla potestà impositiva italiana anche la cessione di società estere laddove il patrimonio di tali società sia costituito prevalentemente direttamente o indirettamente da immobili situati nel territorio italiano. Inoltre, l’utilizzo della locuzione “società ed enti” induce a ritenere che rientrino nel campo di applicazione della novella legislativa anche le plusvalenze realizzate indirettamente tramite trust, società di persone e fondi non residenti il cui patrimonio sia principalmente investito in immobili siti in Italia.
La predetta novella legislativa trova il suo fondamento negli sviluppi della fiscalità internazionale a livello Ocse.
Come noto, la maggior parte delle Convenzioni contro la doppia imposizione stipulate dall’Italia prevede la tassazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione di immobili anche nello Stato in cui è situato l’immobile, mentre nel caso di cessione di partecipazioni nel solo Stato di residenza dell’alienante, senza alcuna distinzione tra partecipazioni in società immobiliari e non.
Al chiaro scopo di prevenire evidenti pratiche abusive, nel 2003 il Modello Ocse di Convenzione contro le doppie imposizioni è stato arricchito introducendo all’art. 13 il nuovo paragrafo 4 in virtù del quale le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni il cui valore deriva (direttamente o indirettamente) per oltre il 50% da beni immobili sono imponibili anche nel paese in cui tali beni sono situati.
A distanza di oltre un decennio dalla sua introduzione, tuttavia, la previsione convenzionale non aveva ancora sortito gli auspicati effetti positivi. Pertanto, l’Ocse è ritornata sul tema con l’art. 9 della Convenzione Multilaterale finalizzata all’attuazione delle previsioni convenzionali in materia di prevenzione della Base Erosion and Profit Shifting – c.d. Beps (“Mli”). Il citato art. 9:
a. da un lato ha introdotto delle modifiche per l’adeguamento delle disposizioni antiabuso già previste dalle Convenzioni stipulate dagli Stati sottoscrittori del Mli, prevedendo che il computo della soglia rilevante per determinare se il valore delle partecipazioni oggetto della cessione sia prevalentemente costituito da immobili, possa essere effettuato in qualsiasi momento nel corso dell’anno (par. 1);
b. dall’altro ha previsto l’introduzione automatica, su opzione degli Stati sottoscrittori della Mli, di una nuova disposizione antiabuso per le Convenzioni che ne sono prive o in sostituzione di quelle già esistenti. L’applicazione di tale disposizione non sarà generalizzata in quanto è soggetta ad una condizione di reciprocità: per poter essere applicata dovrà essere opzionata da parte di entrambi gli Stati che hanno stipulato una determinata Convenzione (par. 4).
È evidente, tuttavia, che tale ultima previsione troverà applicazione solo laddove la normativa domestica dello Stato in cui è ubicato l’immobile eserciti la propria potestà impositiva anche rispetto alle plusvalenze immobiliari realizzate attraverso la cessione del veicolo societario (o assimilato) che detiene direttamente o indirettamente l’immobile, anche laddove questo veicolo sia estero.
Ed è proprio in tale contesto che si inserisce la novella legislativa proposta dal legislatore con la Legge di Bilancio 2023. Infatti, avendo l’Italia optato per l’applicazione dell’art. 9 par. 4 del Mli, al fine di garantire l’effettiva applicazione integrale di tale norma anti-abusiva, era innanzitutto necessario introdurre a livello domestico un criterio di collegamento che consentisse all’Italia di tassare le plusvalenze realizzate mediante cessione di veicoli esteri (societari e non) in cui valore sia principalmente derivato da immobili situati nel territorio dello Stato. Diversamente, in assenza di una simile disposizione in ambito nazionale, l’art. 9 MLI sarebbe rimasto sostanzialmente inattuato.
Va segnalato, tuttavia, che allo stato attuale la norma in parola produrrà effetti immediati solo nei rapporti transazionali che coinvolgono i pochi Stati le cui Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia (per es. Barbados, Canada, Hong Kong, Panama) già includono all’art. 13 (Utili di capitale) la previsione che alloca la potestà impositiva concorrente allo Stato in cui è situato l’immobile. Al contrario, per l’applicazione su larga scala della norma in questione si dovrà attendere il deposito degli strumenti di ratifica della Mli da parte dell’Italia. Solo a valle di tale procedura, infatti, le modifiche automatiche alle Convenzioni stipulate dall’Italia troveranno applicazione in forza della MLI ed, in ogni caso, solo per quei casi in cui anche l’altro Stato abbia optato per l’applicazione del paragrafo 4 dell’art. 9 sopra citato.
Nonostante ciò, è innegabile che l’introduzione di tale disposizione a livello nazionale desta non poche preoccupazioni. In primo luogo, si ritiene che la norma comporti un forte disincentivo in termini di attrattività per gli investitori attivi nel mercato immobiliare. Inoltre, la norma così come formulata presenta molteplici profili di incertezza, tra cui:
a. il mancato chiarimento circa le modalità di determinazione del valore della partecipazione oggetto della transazione; nonché
b. la mancata indicazione del criterio da adottare per la valorizzazione del patrimonio immobiliare detenuto dal veicolo societario (valore di mercato o valore di libro?), con le relative conseguenze applicative.
Si auspica quindi che in sede di approvazione definitiva della norma il legislatore colga l’occasione per meglio precisare i profili applicativi della stessa e che l’Amministrazione Finanziaria provveda quanto prima a fornire i necessari chiarimenti interpretativi.