Secondo il country head è necessario mobilitare importanti risorse per implementare gli strumenti per far fronte alle richieste della normativa
Andando avanti, prosegue Brunetti, saranno ulteriormente valorizzate anche dal punto di vista dei distributori, le specificità delle boutique di investimento, in grado di offrire qualità e valore aggiunto nella gestione attiva
“Questo in una fase iniziale ha naturalmente distolto l’attenzione dalla ricerca costante, avviata già da anni, di nuove soluzioni o nuove controparti con cui avviare collaborazioni da parte dei distributori. Ad oggi secondo me l’impatto immediato di Mifid 2 riguarda la forte attenzione per i rapporti già esistenti, in qualche modo i più forti. Inoltre, viene valorizzata una tematica che forse prima meno chiara, cioè l’utilizzo degli strumenti passivi all’interno dei portafogli. In questo quadro, andando avanti saranno ulteriormente valorizzate, anche dal punto di vista dei distributori, le specificità delle boutique di investimento, in grado di offrire qualità e valore aggiunto nella gestione attiva”.
Che ruolo avrà la gestione passiva?
“La gestione passiva sarà, come già è ora, una parte dell’allocazione di portafoglio, sia per gli istituzionali che per i retail. I due approcci alla gestione, attiva e passiva, non si escludono, ma si compensano. Probabilmente i gestori attivi dovranno assicurare una maggiore qualità e maggiori ritorni, in modo da giustificare le maggiori commissioni richieste”.
Qual è il valore aggiunto di una boutique?
“La Française si è sviluppata intorno a due temi forti, fixed income e real estate. In questi ambiti abbiamo cercato di rafforzare competenze importanti avvicinandoci sempre più alle esigenze degli investitori più evoluti. Da anni investiamo costantemente in alcune asset class, come quella dei subordinati, degli high yield. Cerchiamo di sviluppare internamente temi caldi, come quello della sostenibilità. Dall’altra parte copriamo quelle aree di investimento che non sono nel nostro dna attraverso alcune partnership: scegliamo realtà specializzate in determinate aree geografiche in grado di andare in profondità nei rispettivi settori. Ad esempio nell’azionario americano non abbiamo storicamente grande esperienza, noi che siamo un gestore europeo. Abbiamo stretto una partnership importante con una boutique che si chiama Fred Alger Management, una realtà che esiste da 50 anni con oltre 20 bln di asset in gestione ed è in grado di dare copertura nell’equity sulle small cap, medium cap, large cap, in modo da avere profondità all’interno di una specializzazione”.
Secondo i suoi dati, la clientela che si rivolge a una boutique è più consapevole?
“La scelta di rivolgersi a una realtà di nicchia è una scelta di allocazione attiva. Il cliente finale naturalmente può avvantaggiarsi dell’assistenza di consulenti professionisti, accrescendo costantemente anche le proprie conoscenze finanziarie. Naturalmente, il brand conserva la sua importanza, tuttavia nell’era di Mifid2 probabilmente gli investitori possono privilegiare gli asset manager in grado di soddisfare le loro necessità di ritorni, al di là dell’importanza o meno del brand. Ecco perché una conoscenza profonda del mercato del risparmio gestito può senz’altro costituire un vantaggio per centrare i propri obiettivi finanziari”.
Questo è un compito che spetta all’intermediario?
“Senza dubbi, l’intermediario ha un ruolo chiave, che oggi si arricchisce di un ulteriore compito: accompagnare l’investitore finale in un percorso di formazione, che includa ad esempio la finanza comportamentale e la capacità di individuare correttamente i propri obiettivi di investimento, in modo da costruire il portafoglio più in linea con le sue esigenze – e aspettative. Con i mercati attuali, non basta più scegliere una casa di gestione blasonata, o puntare su una specifica asset class. La volatilità mette costantemente alla prova le scelte di investimento”.