Per l’M&A italiano si segnala nel 2020 un aumento del 70%, ma un numero di deal inferiore del 21% rispetto al 2019. Dunque meno operazioni di dimensioni decisamente maggiori: non a caso nei 12 mesi passati si è registrato il più elevato numero di operazioni da oltre 1.000 milioni di euro dal 2007.
La pandemia ha accelerato trend in atto, per esempio ponendo l’accento sul contenuto di Esg e digitalizzazione di ogni operazione. Ma ha anche spinto gli Stati a regolare in maniera più stringente il flusso di investimenti diretti esteri.
Sono alcuni dei numeri contenuti nel Quarto rapporto annuale dello studio legale internazionale Herbert Smith Freehills dal titolo “M&A in 2021: resilient, agile and coming off mute”.
Meno deal, più grandi
Per l’Italia si segnala un aumento di valore importante pari al 70% nel 2020 rispetto a un anno primo, ma un numero di deal inferiore del 21% rispetto al 2019. Dunque meno operazioni di dimensioni decisamente maggiori rispetto al passato: non a caso si è registrato il più elevato numero di operazioni da oltre 1.000 milioni di euro dal 2007.
Ma il 2020 è stato in generale e in tutto il mondo un anno di rottura per via della pandemia. “Alcuni dei trend già in atto nel mercato a livello globale si sono ulteriormente consolidati, anche in Italia: i fattori ESG e la sostenibilità in particolare sono sempre più un driver per l’attività di M&A – sostiene Lorenzo Parola, Partner di Herbert Smith Freehills e alla guida del team italiano Energy & Infrastructure. Una sorta di anno zero in cui “tutti i player che operano nell’M&A hanno dovuto apprendere velocemente come gestire le operazioni di crisi, considerando, prevendo e disciplinando ogni eventualità nei processi di negoziazione e nella documentazione”.
I trend accelerati dalla pandemia: Esg, digital
La pandemia ha accelerato anche il trend dell’intervento pubblico nelle transazioni transfrontaliere. Che oggi richiedono nuovi regimi relativi agli Investimenti diretti esteri (Ide) e un approccio globale coordinato. Alcune delle nuove regole erano entrate in vigore prima della pandemia, per esempio negli Usa, dove a febbraio Trump aveva esteso il potere dell’agenzia per gli investimenti esteri (Cfius) con una serie di adempimenti obbligatori che di fatto sottoponevano al controllo del Comitato interministeriale qualsiasi operazione cross border. O in Giappone dove si era già operato un inasprimento delle soglie oltre le quali l’ingresso nel capitale di società locali dovesse essere sottoposto a controllo. Altri interventi sono più direttamente legati all’impatto della pandemia, ad esempio l’inclusione dei presidi medici tra i settori coperti dal regime degli Ide (in Spagna, Italia e Germania) e la riduzione delle soglie finanziarie (fino a zero in Australia), in modo da rendere effettivamente rivedibili tutti gli investimenti esteri diretti per la durata della pandemia.
… e golden power (anche in Italia)
Quanto all’Italia, al fine di proteggere gli asset strategici italiani da operazioni speculative da parte di investitori stranieri, il governo aveva a marzo 2020 significativamente ampliato il campo di applicazione della golden power, ampliando e definendo i settori coinvolti – tra cui le infrastrutture e le tecnologie – considerati di importanza strategica, tra cui infrastrutture critiche (rete idrica, energia, trasporti e comunicazioni oltre alla Sanità), tecnologie critiche, fornitura di prodotti critici, industria agroalimentare, industria siderurgica, media, finanza, credito e assicurazioni. Con due decreti emessi dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, il regime di applicazione della golden power è stato limitato ad alcuni asset strategici all’interno dei settori identificati. L’esecutivo, inoltre, ha esteso l’obbligo di notifica alle acquisizioni di partecipazione di controllo in società proprietarie di asset strategici da parte di investitori Ue, fino a giugno 2021.
Settori in rialzo e settori in ribasso
I settori che in Italia si sono mostrati meno dinamici in termini di numero di merger sono stati quelli dei prodotti chimici, media/intrattenimento e consumer. Tuttavia, in questo ultimo comparto vale la pena ricordare l’acquisizione di una quota del 30% di Esselunga, un’operazione da 1,8 miliardi di euro. Alcuni settori si sono dimostrati resilienti durante la pandemia, e in particolare alcuni segmenti dell’energia, della tecnologia, life science e del food&beverage.
Per quanto riguarda il futuro, anche se non sono previsti molti mega deal nel breve termine, le prospettive sono rosee. La maggior parte dei settori colpiti negativamente dalla pandemia, compreso quello del commercio al dettaglio, vedrà una lenta ma costante ripresa.
Il settore delle infrastrutture offrirà significative opportunità di investimento, dal momento che il Governo italiano sta valutando grandi progetti di infrastrutture di trasporto. Anche il comparto delle costruzioni vivrà una fase di consolidamento, per via dei diversi progetti legati alle smart city che dovrebbero essere lanciati nei prossimi due anni.
Il futuro è roseo
“Ci sono motivi di ottimismo”, spiega Parola, “C’è stato un ampio e condiviso riconoscimento strategico del fatto che il 2020 abbia catalizzato cambiamenti strutturali nel modo in cui viviamo e lavoriamo, in principio l’importanza della tecnologia. L’M&A può essere lo strumento per affrontare questo cambiamento ed abbracciare la trasformazione”.
Ma non solo: con la fine delle misure di sostegno all’economia, verranno fuori diverse insolvenze che, con gli occhi di chi si occupa di M&A, sono asset distressed da poter acquisire. E su questi si stanno concentrando le attenzioni degli operatori.