Il peggio è alle spalle e i portafogli possono cogliere ora opportunità di rendimenti dalla durata (almeno) decennale. È la sintesi delle ultime previsioni di Citi Global Wealth, che vede nel momento finanziario attuale la disponibilità di rendimenti strategici più elevati sia nel comparto azionario che in quello obbligazionario. In che modo? Lo abbiamo chiesto a Guillaume Menuet, head of investment strategy and economics, Emea di Citi Global Wealth.
Che cos’è il big reset in economia e perché è in atto proprio adesso?
«L’anno cruciale è in realtà il 2022. Con questa denominazione intendiamo il profondo deprezzamento – sincrono – del mercato azionario e di quello obbligazionario. Le azioni crollarono del 20%, le obbligazioni di quasi il 15%. È stato il grande anno del cambiamento nei prezzi degli asset. Ora che i mercati si stanno normalizzando, le azioni stanno riguadagnando terreno e le obbligazioni sono convenienti, a fronte di tassi ancora elevati. È esattamente il tempo di usare questo “big reset” per avere un quadro più chiaro della direzione degli investimenti. Per esempio, si potrebbero bloccare i rendimenti potenzialmente più elevati sulle obbligazioni ora. Le obbligazioni intermedie potrebbero aggiungere più valore ai portafogli rispetto alla liquidità negli anni a venire».
Quanto durerà questo beneficio?
«Il reset è in grado di metterci in una buona posizione per i prossimi 10 anni. Nei prossimi due-tre anni le banche centrali potrebbero tagliare i tassi di interesse, dato che l’inflazione inizierà a stabilizzarsi. Non ha senso ora investire su orizzonti temporali brevi solo perché le banche centrali stanno dicendo che “i tassi saranno lunghi per molto”. Ciò che è disruptive adesso è il mercato azionario: la misura del riprezzamento è stata significativa. Per quanto riguarda l’obbligazionario, è quello a rischio lungo a offrire rendimento».
L’inflazione (da cui un giorno usciremo) è stata originata dallo shock di offerta 2020/2021?
«Si, in parte. Le imprese dovettero chiudere, le persone lavorare da casa. Ci fu un forte cambiamento nella struttura della domanda fra beni e servizi, a favore dei primi. La domanda di servizi era al 20% dell’ordinario; le fabbriche funzionavano al 60-70% della loro capacità produttiva, mentre la domanda di beni raddoppiava. Le scorte in esaurimento dal canto loro esercitavano ancor più l’aumento la pressione al rialzo dei prezzi: i consumatori, timorosi di restare senza beni, ne acquistavano più del necessario».
Cosa dobbiamo aspettarci per il 2024?
«Ora la situazione si sta invertendo: il costo del trasporto globale sta calando, le scorte stanno aumentando e la domanda si sta spostando nuovamente a favore dei servizi. Il 2024 sarà l’anno della normalizzazione dei mercati dei beni e dei servizi, con bassa probabilità di recessione. Anzi, le cicliche “recessioni a rotazione” in alcune industrie e settori svaniranno proprio l’anno prossimo. Nel prossimo anno e negli anni a venire tornerà in auge l’azionario delle piccole e medie imprese, un comparto che ha molto sofferto in termini di valutazione mentre i tassi salivano. Gli investitori preferivano la qualità e la sicurezza dei grandi nomi, delle grandi aziende. Ora che i tassi inizieranno a calare, la loro attenzione si rivolgerà alle azioni meno costose che storicamente crescono più velocemente delle grandi. Il motivo è che i loro prodotti e servizi possiedono il carattere dell’unicità. Sono azioni che scontano una elevata ciclicità: nel 2024 dovrebbero performare meglio. Negli ultimi 4 anni gli asset hanno scontato molta volatilità, c’è stato un riprezzamento del rischio e le persone tendono a dimenticare che l’economia è ciclica. Se l’economia è forte oggi, bisogna essere cauti, perché dopo la forza viene la debolezza. E viceversa. Siamo già stati nella fase debole; non riteniamo ci sia molto downside risk ora: logicamente vogliamo sfruttare il rischio adesso e nel 2025».
Qual è il vero mega trend oggi? Il megatrend dei megatrend?
«La digitalizzazione: viene prima dell’intelligenza artificiale e di ogni altro aspetto. Non può esserci progresso senza digitalizzazione: è la digitalizzazione il vero disruptor. Poi, naturalmente, non si può non puntare sull’IA, anche in settori non comunemente presi in considerazione, come quello dell’estrazione delle risorse naturali. O sanitario: l’IA permetterà di allocare più efficientemente tempo e denaro a favore dei pazienti, riducendo per esempio il tempo dedicato alla modulistica. Senza dimenticare cybersicurezza, longevità».
E i beni da collezione nel 2024?
«La tokenizzazione ha ancora molto da dare. Però ci sarà molta competizione con gli altri asset, oggi più appetibili».