Facendo un bilancio tra vantaggi e rischi, costruire un portafoglio di soli etf resta un’opzione cavalcabile. E trova la sua massima espressione in regimi di risparmio gestito
Dopo la cavalcata del 2019, che ha portato gli indici passivi a superare gli attivi in termini di raccolta, la corsa non si è mai fermata. Nel solo mese di febbraio 2021 i flussi sono stati di 122,2 miliardi di euro
Per un cliente privato c’è il rischio che non possano essere tanto efficienti sul fronte fiscale, in quanto tutti gli utili realizzati non sono compensabili con eventuali minusvalenze realizzate con altri strumenti
Diverso, invece, è il caso in cui gli etf vengono preferiti ai fondi attivi per prendere esposizione su settori ben precisi, come i megatrend secolari, dalla clean energy ai temi esg (environmental, social, governance), dalla cyber security alla robotica. “Questi prodotti stanno sempre più assumendo importanza nel portafoglio per diverse ragioni, anche alla luce delle informazioni puntuali che, a partire dagli ultimi anni, dobbiamo fornire ai clienti sui costi effettivi degli strumenti presenti in portafoglio”, aggiunge Roberto Pedon, responsabile gestioni individuali e analisi quantitativa di Cassa Lombarda. “Tendenzialmente gli etf sono utilizzati su tutti gli attivi su cui andiamo a investire, sia azionari che obbligazionari. I secondi, per avere una diversificazione più ampia. I primi, perché negli ultimi anni c’è stata molta innovazione nella messa a fuoco di temi anche molto specifici e particolari che hanno aiutato tale componente a fare investimenti molto mirati, come le nuove tecnologie, l’idrogeno, l’e-commerce o la circular economy”, spiega.
Occhio però anche alla tematica fiscale. “Gli etf vanno gestiti con accuratezza”, continua Bernardeschi. “Per un cliente privato c’è il rischio che non possano essere tanto efficienti da questo punto di vista, in quanto tutti gli utili realizzati tramite tale strumento non sono compensabili con eventuali minusvalenze realizzate con altri strumenti. A meno che non si tratti di un portafoglio statico, con una movimentazione non particolarmente attiva e dinamica. Proprio per questa ragione l’etf, a mio avviso, trova la sua massima efficienza dal punto di vista tecnico in regimi di risparmio gestito”. Tirando le fila della matassa, tra costi e rischi, costruire un portafoglio di soli etf resta un’opzione praticabile.
“Il cavallo di battaglia di Banca Ifigest sono le gestioni patrimoniali e, all’interno delle nostre gestioni patrimoniali, solo una piccola parte è dedicata all’acquisto di fondi d’investimento, quando attraverso il nostro ufficio studi notiamo che un particolare gestore porta con sé valore aggiunto per la propria abilità specifica o per l’expertise della casa di gestione. Specialmente allorché si tratti di fondi che non vadano a investire su un mercato, come l’S&P 500. In quel caso è chiaro che non ci sia utilità e andiamo semmai a selezionare singoli titoli e a inserirli nel portafoglio”, interviene Bernardeschi. “Noi abbiamo una linea costruita solo in etf”, conclude Pedon. “La nostra scelta ricade su tali strumenti nel momento in cui, andando a fare una selezione su una certa asset class (che può essere generica o specifica, quando parliamo di singoli temi o settori), non riusciamo a trovare gestori attivi in grado di battere sistematicamente il proprio benchmark”.
Articolo tratto dal magazine We Wealth di aprile 2021