I dati sul sistema giudiziario nazionale, e il confronto con quelli degli altri Paesi, aiutano a capire in che misura l’Italia risulti indietro e quali siano le cause
L’inefficienza della giustizia italiana viene spesso citata dagli economisti come uno dei maggiori deterrenti all’afflusso di investimenti diretti esteri
Uno sguardo di respiro europeo sulla giustizia italiana l’ha offerto l’Eu Justice Scoreboard, che ha aggiornato a luglio i dati relativi a tutti gli stati membri all’anno 2019. Da quest’ultima fotografia è possibile scorgere un piccolo miglioramento rispetto alle criticità storiche del sistema giudiziario italiano: rispetto ai dati di cinque anni prima, i tempi per il primo grado di giudizio nelle cause civili si è ridotto (i dati sono inclusi nei grafici in basso), mentre la spesa pro capite per la giustizia è aumentata così come il numero dei giudici. Il confronto generale fra Italia e il resto d’Europa, tuttavia, resta fortemente negativo.
Parte del problema è dovuto alla mole di cause civili in corso in Italia: in rapporto alla popolazione, il Bel Paese è qui al secondo posto in Europa, con una distanza minima dall’Ungheria.
Questo sovraccarico si combina con un numero ridotto di giudici in rapporto alla popolazione. In Italia ce ne sono poco più di dieci ogni 100mila persone, in linea con Spagna e Francia, ma molto meno della metà rispetto alla Germania – dove una causa civile raggiunge il primo grado di giudizio in meno della metà del tempo. L’Italia è al 21esimo posto sui 27 stati membri Ue per numero di giudici pro capite.
Dai palazzi di giustizia, la scarsità di risorse per far fronte alla mole di lavoro viene spesso indicata come uno dei fattori problematici. Lo stato italiano al decimo posto in Europa in termini di spesa pro capite per la giustizia, davanti a Paesi come la Francia, ma dietro alla Germania. Anche in rapporto al Pil la spesa italiana risulta un po’ al di sopra della media (all’11esimo posto) e, di per sé, questo dato non è molto utile a comprendere le anomalie finora illustrate.
Parte della risposta, in qualche modo inclusa nei provvedimenti delineati dal ministro Cartabia, consiste nell’insufficiente incentivo alle misure di risoluzione delle controversie alternative al procedimento giudiziario. Queste ultime, infatti, favorirebbero l’alleggerimento del carico di lavoro che grava sulla magistratura, contribuendo a smaltire i contenziosi accumulati. Su questo punto l’Italia rimane molto indietro rispetto alla media europea. I punteggi attribuiti dallo EU Scoreboard mostrano come gli incentivi alle soluzioni alternative alle controversie (Adr) risultino i sesti più deboli in tutta Europa, alle spalle di tutti i Paesi più avanzati (sempre per fare il medesimo confronto, con la Germania è quinta). In particolare gli Adr risultano carenti in Italia per quanto riguarda la materia del diritto del lavoro e il diritto amministrativo, mentre per le cause civili gli incentivi sono, in verità, fra i più alti in Europa.