Sono frequenti i casi in cui le società semplici detengano quote di controllo di società holding a loro volta capogruppo di gruppi industriali.
In tale quadro non pochi sono i dubbi connessi all’applicazione della disciplina fiscale.
Un esempio lampante è rappresentato dall’applicazione della disciplina di esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni per i trasferimenti, effettuati anche tramite i patti di famiglia di cui agli articoli 768-bis e seguenti del codice civile a favore dei discendenti e del coniuge, di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni non sono soggetti all’imposta.
In caso di quote sociali e azioni è previsto che l’esenzione spetti limitatamente alle partecipazioni mediante le quali si è acquisito o integrato il controllo ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, numero 1), del codice civile. Inoltre, il beneficio si applica a condizione che gli aventi causa proseguano l’esercizio dell’attività d’impresa o detengano il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento, rendendo, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all’atto di donazione, apposita dichiarazione in tal senso. Il mancato rispetto della condizione di cui al periodo precedente comporta il recupero dell’imposte con le sanzioni correlate.
Così descritta nei termini essenziali, la ratio dell’esenzione è stata chiarita dalla Corte Costituzionale con la sentenza 23 giugno 2020, n. 120. La disciplina intende agevolare la continuità generazionale dell’impresa nell’ambito dei discendenti nella famiglia in occasione della successione mortis causa, rispetto alla quale il trasferimento a seguito di donazione può rappresentare una vicenda sostanzialmente anticipatoria, subordinandone l’applicazione alla “condizione che i discendenti proseguano l’esercizio dell’attività d’impresa o detengano il controllo per un periodo di almeno cinque anni”.
Va ricordato che la caratteristica fondamentale è data dal fatto che essa può avere ad oggetto esclusivamente l’esercizio di un’attività economica non commerciale e, quindi, essenzialmente di godimento. L’applicabilità dell’esenzione potrebbe essere dunque negata sul presupposto che il trasferimento di quote di una società semplice non conseguirebbe la finalità di assicurare la continuità generazionale dell’impresa o di un complesso aziendale familiare.
In questo senso, seguendo i principi delle Consulta, pare orientarsi l’Agenzia delle entrate (interpello n. 552 del 25 agosto 2021); posizione ribadita anche in un successivo interpello non pubblicato.
L’ Agenzia sostiene infatti: “Ciò che merita rilievo, quindi, è la necessaria e indispensabile presenza dell’oggetto principale della disposizione agevolativa in esame, vale a dire la sussistenza di un’azienda di famiglia, intesa quale realtà imprenditoriale produttiva meritevole di essere tutelata anche nella fase del suo passaggio generazionale, anche per evitare “una conseguente perdita dei posti di lavoro e ulteriori ripercussioni sul tessuto economico”. Di contro, ne deriva che in assenza di una “azienda”, l’applicazione dell’agevolazione de qua violerebbe la ratio della disposizione medesima”.
Se confermata dalla prassi successiva, la precedente posizione non sarebbe immune da critiche e in contraddizione con precedenti interventi (as es. la circolare n. 3 del 2008). Il requisito della prosecuzione di un’attività d’impresa da parte degli aventi causa dovrebbe intendersi limitato alla sola ipotesi del trasferimento agevolato di un’azienda e non a quella del trasferimento di quote societarie (peraltro la stessa Agenzia, nella circolare 3 del 2008, precisa che il requisito del controllo non è richiesto in caso di trasferimento di partecipazioni in società di persone).
Pertanto, l’esenzione dovrebbe poter applicarsi anche al trasferimento di quote della società semplice “mera cassaforte” di beni.
(Articolo scritto in collaborazione con Mario Tenore, Pirola Pennuto Zei & Associati)