Il fatturato aggregato delle maggiori multinazionali digitali che operano in Italia è pari al 70% del Pil
Le più importanti websoft hanno sede legale nei paradisi fiscali. Le società cinesi prevalentemente nelle Isole Cayman mentre quelle statunitensi nel Delaware
Con riferimento al primo aspetto, basti considerare due dati: quello del fatturato e quello occupazionale.
I dati riportati nel documento in commento danno palmare dimostrazione di quanto i big del digitale siano divenuti irrinunciabili per la tenuta del mercato del lavoro e dei tassi occupazionali: le webSoft occupano più di 3 milioni di persone e solo Amazon è il terzo datore di lavoro nel mondo, subito dopo la statunitense WalMart, che occupa 2,3 milioni di dipendenti, e la petrolifera cinese Cnpc.
La redditività di queste multinazionali, inoltre, è superiore a qualunque altro settore industriale; ben al di sopra, ad esempio, del farmaceutico e fashion: aziende come Facebook, Google, Microsoft generano, infatti, oltre 27 milioni di euro di utili al giorno.
E invero, nonostante ciò, queste stesse aziende solo quelle meno colpite dalla tassazione. Non solo hanno tutte sede legale nei paradisi fiscali (le cinesi hanno la sede legale nelle Isole Cayman e le statunitensi – ad eccezione di Microsoft – hanno la sede legale nello stato del Delaware) ma, generalmente, beneficiano di un’aliquota, pari al 12,8%, ben inferiore a quella media del 22,4%.
Le imprese digitali non solo in molte giurisdizioni possono godere di oneri fiscali ridotti, ma fanno ampio ricorso a strategie di pianificazione fiscale aggressiva, che permette loro di arrivare ad azzerare l’onere fiscale.
Il fatto che circa il 40% dell’utile ante imposte delle multinazionali websoft sia tassato in Paesi a fiscalità agevolata, ha permesso a queste imprese di raggiungere un risparmio fiscale di oltre 10 miliardi di euro, solo nel 2020: in questi termini, non può stupire se, nonostante la pandemia, i ricavi dei 25 giganti del web hanno raggiunto i 1.153 miliardi, pari al 70% del Pil italiano.
Ebbene, in un simile contesto è evidente che la sfida tra fisco e imprese del digitale è ancora aperta, e questa stessa partita vede in netto vantaggio i big del web.
Pertanto, come rimarcato da numerosi studiosi e analisti, nonché dall’Osservatorio Cpi (Osservatorio conti pubblici italiani) occorre che tutte le giurisdizioni Ocse collaborino per trovare un accordo comune sui regimi di tassazione di queste società, al fine di ripartire tra gli Stati i profitti generati e impedire a queste imprese, anche mediante scambi infragruppo, di trasferire i guadagni verso paesi a fiscalità privilegiata.