I risparmiatori al giorno d’oggi sono sempre più alla ricerca di soluzioni d’investimento digitali che agevolino il percorso di scelta anche attraverso l’ausilio di un consulente dedicato. Ne abbiamo parlato con Fabio Zampaglione, Chief of Partnership di Moneyfarm, società di consulenza finanziaria indipendente con approccio digitale, che recentemente ha stretto due partnership B2B2C con M&G ed eToro.
Qual è l’identikit delle nuove generazioni di investitori digitali?
“È il caso di parlare di nuove abitudini e consapevolezza digitale. La nuova generazione di investitori, a prescindere dall’età anagrafica, pone come prerequisito la componente digitale e di engagement semplice ed efficace; allo stesso tempo, in determinati momenti, l’investitore digitale sente il bisogno di un consulente persona fisica per affrontare determinate scelte d’investimento”.
La partnership con M&G per il lancio di “&me” poggia proprio sul digitale. Cosa rende innovativa questa soluzione sviluppata per i clienti britannici di M&G?
“M&G era un player che non aveva un vero e proprio canale diretto di accesso alla clientela quindi, per rivolgersi direttamente al mercato, ha deciso di collaborare con Moneyfarm per due principali motivi: da un lato la nostra capacità di delivery in tempi ridotti, che ci ha portato a rilasciare &me in soli 9 mesi; dall’altro la nostra conoscenza del mondo del direct-to-consumer, dall’engagement del cliente, all’ingresso in piattaforma, fino all’investimento.
M&G ha deciso di dare questa business unit a Moneyfarm in totale outsourcing: abbiamo piena gestione dell’intero processo, dalla campagna pubblicitaria fino all’ingaggio e alla relazione con i clienti &me, che sono serviti da un team di advisor dedicati. Oltre al team di consulenza, abbiamo creato anche team dedicati a livello di marketing e tecnologia, un’intera partizione dell’azienda che si occupa di &me. Dal canto suo, M&G indica le strategie sulla base delle quali vengono gestiti i portafogli sviluppati da &me”.
&me prevede la doppia opzione di portafogli classici e target: i primi investono esclusivamente in ETF mentre i secondi in un mix di fondi attivi e passivi, gestiti attivamente da M&G. E’ un segnale di una nuova tendenza che andrete a sviluppare?
“Abbiamo sempre avuto l’obiettivo di ampliare man mano la nostra gamma di offerta in linea con l’evoluzione delle esigenze dei nostri clienti. Sulla base di questo approccio ci muoveremo anche in futuro”.
Oltremanica avete recentemente siglato anche un accordo con eToro.
“L’intesa con eToro è un ulteriore segno della nostra capacità di sviluppare partnership in ambito B2B2C. eToro nasce come piattaforma di trading online e aveva l’obiettivo di sviluppare un’offerta nel segmento del wealth management con un’ottica d’investimento di più lungo periodo. Hanno così deciso di affidarsi a noi, che creeremo e gestiremo i portafogli di investimento e ci occuperemo delle relazioni con i clienti”.
Prossimi passi?
“In generale siamo tra le poche fintech che hanno sviluppato due aree di business altamente sinergiche tra di loro. Nella sostanza noi sviluppiamo delle competenze nel mondo B2C che ci permettono di evolvere la nostra piattaforma; queste competenze sono anche quelle che portiamo ai nostri partner B2B, contribuendo a maggiori volumi e riconoscibilità sul mercato. Legare il nostro brand a partner importanti come M&G in UK o Poste in Italia è sicuramente una strategia che contribuisce in modo sinergico alla crescita della nostra realtà”.
In Italia avete già un track record importante di partnership B2B2C con Poste Italiane, Banca Sella e buddybank di Unicredit. Che riscontri state avendo?
“La partnership con Poste Italiane è quella dimensionalmente più rilevante ed è un ottimo esempio di come, anno dopo anno, abbiamo ampliato il perimetro della partnership. Siamo partiti nel 2019 con un primo prodotto puramente online (PosteFuturo), dopo un anno e mezzo abbiamo proposto un prodotto per il segmento Premium, e, da ultimo, nell’aprile 2022, un ulteriore prodotto di gestione patrimoniale venduto in tutti gli uffici postali, con un bacino di clientela decisamente più ampio. Anno dopo anno il perimetro si è ampliato, andando a coprire anche l’offerta fisica venduta tramite i premium banker o a tutti i clienti, indice di un rapporto che si è consolidato nel tempo”.
In generale il cliente medio di Poste Italiane rispecchia l’elevata avversione al rischio degli italiani: come far fronte a questo gap di informazione relativo ai prodotti finanziari che vengono proposti?
“Stiamo supportando la rete Poste con un’attività formativa, che mira a una maggiore conoscenza di prodotti d’investimento diversi rispetto a quelli che sono familiari per la realtà di Poste. C’è bisogno di tempo per abituare sia la rete di vendita che il cliente a una piena consapevolezza sui benefici che derivano da una maggiore diversificazione del portafoglio, andando oltre i Btp e introducendo una componente assicurativa o gestioni patrimoniali”.
Come si fa a costruire i presupposti per un passo avanti in termini di educazione finanziaria in Italia?
“Noi dedichiamo tempo ed energia all’educazione finanziaria dei nostri clienti, per comunicare al meglio la nostra view d’investimento e le caratteristiche degli Etf, confrontando performance e costi . Di educazione finanziaria ci occupiamo anche con Poste Italiane, anche se in maniera un po’ diversa, supportando il loro team di consulenti nell’interazione con il cliente. Anche nel caso di Poste abbiamo creato dei team dedicati per il segmento premium e per la rete di sportelli”.
La transizione digitale è una enorme opportunità nel mondo degli investimenti, non vanno però tralasciati i potenziali rischi.
“La nostra proposizione tende a tutelare il cliente nelle sue scelte d’investimento. Il nostro modello è un unicum: sicuramente c’è una componente digitale molto avanzata, ma è affiancata da un team di consulenti esperti, a disposizione del cliente durante tutto il percorso di investimento”.
Negli ultimi mesi si è tanto parlato di divieto agli inducements, qual è la posizione di Moneyfarm e quale scenario si profilerebbe, sia lato industria che lato investitori, con un effettivo addio alle retrocessioni?
“Noi partiamo da una posizione di vantaggio rispetto agli altri player, poichè non prendiamo inducements e quindi per il nostro modello di business cambierebbe poco. Chiaramente il divieto agli inducements potrebbe rappresentare un’opportunità di crescita e, in generale, guardando all’industria, i costi per i clienti andrebbero a ridursi. Ad esempio lo si vede già con la nostra offerta, che è più competitiva rispetto ai costi medi presenti sul mercato. Nel caso si andasse nella direzione dell’abolizione degli inducements, diversi player dovrebbero ripensare il loro modello di business attuale”.
Come vedete il proliferare di una varietà sempre più ampia di Etf tematici e anche di Etf a gestione attiva?
“Siamo un’azienda aperta all’innovazione, tanto è vero che poco tempo fa abbiamo lanciato una gamma di portafogli tematici. Vediamo questo trend come un’opportunità da cogliere, ponendo al centro il concetto chiave di trasparenza. I nostri sono portafogli multi-asset costruiti con strumenti passivi, ma gestiti attivamente attraverso ribilanciamenti periodici effettuati dal team di asset allocation, che adegua periodicamente la composizione dei portafogli agli scenari di mercato”.